14 Dicembre 2023

Venerdì 22 sciopero del commercio e degli addetti alle mense scolastiche e aziendali per il rinnovo del contratto nazionale

Sciopero unitario e nazionale dei sindacati, che chiedono un adeguamento dei salari all'inflazione e alla perdita del potere d'acquisto dei lavoratori


“Così non si può andare avanti. C’è una questione salariale aperta e ci sono i contratti scaduti nel 2019. Mentre le aziende del settore, durante la pandemia, ma anche dopo, hanno aumentato i loro margini di profitto”. E’ un coro unanime quello di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs (Caterina Ballanti segretaria generale Filcams Pistoia e Prato, Andrea Betti delegato Cisl Unicoop Fi, e le delegate Cgil Letizia Filipponi-CirFood e Francesca Turrini-Coop Italia) nel presentare le ragioni dello sciopero nazionale di venerdì 22 dicembre del terziario, distribuzione e servizi, che nel solo territorio pratese interessa circa 8.000 lavoratori.

Un settore che presenta grandi differenze al suo interno, anche nella grande distribuzione per livelli salariali e riconoscimento dei diritti, e che nel caso della ristorazione collettiva, ad esempio quella legata al mondo scolastico, contempla retribuzioni base di 700 euro mensili, per 17 ore di lavoro settimanale nel migliore dei casi, più o meno tre ore giornaliere, con sospensione dello stipendio in estate, nel periodo di chiusura delle attività didattiche. Per di più in uno scenario nel quale i contratti sono scaduti a dicembre del 2019: soltanto nel corso dell’anno è stato possibile entrare nel merito della trattativa per il rinnovo.

“Abbiamo deciso di fare lo sciopero di tutti i comparti – hanno dichiarato i sindacalisti del settore – perché le questioni sono comuni e vedono le parti datoriali rivendicare libertà nello scaricare sui consumatori i maggiori oneri energetici con l’aumento dei prezzi di beni e servizi, lasciando i lavoratori dipendenti nella morsa dell’inflazione”.

In particolare le tre sigle sindacali, spiegando le ragioni dell’astensione dal lavoro del 22 dicembre e la richiesta a regime di 330 euro di aumento collegati all’indice dei prezzi al consumo, puntano il dito nei confronti di alcune associazioni datoriali, ree di voler “ampliare la flessibilità dei lavoratori” e di “fare proposte peggiorative” fino a spingersi “a proporre un intervento di riduzione sulla quattordicesima”. Al grido del “contratto ci spetta”, le organizzazioni del terziario, distribuzione e servizi di Cgil, Cisl e Uil hanno spiegato che “lo sciopero è diventato necessario: gli unici che non hanno alcuna leva per affrontare l’indebolimento dei salari sono le lavoratrici e i lavoratori. Senza gli aumenti del contratto nazionale, hanno perso potere d’acquisto”.