Un anno e mezzo fa ai microfoni di Tv Prato la sezione pratese dell’Unione italiana ciechi reclamò il rispetto delle leggi che obbligano ad assumere per alcune posizioni ciechi e ipovedenti. A Prato infatti, alcuni enti pubblici non lo facevano e molti disabili pur di lavorare erano costretti ad andare fuori provincia. Adesso, a distanza di un anno e mezzo, la situazione per fortuna si è sbloccata e tre persone hanno ottenuto un posto di lavoro, mentre una quarta è in attesa dell’esito della graduatoria. A parlare ai nostri microfoni e a raccontarci la vicenda è stata la vice presidente della Uic pratese, Stefania Scali. “Siamo felici di poter dire dopo un anno e mezzo che le cose sono cambiate in positivo”, ha detto Stefania. D’altronde diventare ciechi in seguito a una malattia ti stravolge del tutto la vita; avere di nuovo la possibilità di lavorare significa per queste persone riacquistare dignità. Massimo ha 42 anni, una figlia, una compagna e un cane guida, Romeo. E’ diventato cieco a causa di una retinopatia diabetica. Prima faceva il padroncino. Dopo l’insorgere della malattia ha frequentato il corso apposito per centralinista cieco e forse a breve tornerà ad essere impegnato. “Ci sono stati dei momenti in cui non volevo uscire di casa perché mi vergognavo, – racconta – prima tutti mi conoscevano come uno attivo, solare, scherzoso. Riavere un lavoro vuol dire tornare a vivere”. Raffaele invece di anni ne ha 58 e anche lui ha perso la vista in seguito a una malattia. Alla sua età reinventarsi è più difficile, ma non si arrende. Da poco ha iniziato uno stage come centralinista al Comune di Prato grazie al progetto della regione Toscana GiovaniSì. “Sono solo sei mesi ma va bene così – dice emozionato – alla mia età dover dipendere dai figli è troppo, quindi per ora mi accontento”. Nel suo “prima” Raffaele aveva messo su con sua moglie un’attività di ortofrutta dopo 25 anni da lavoratore dipendente. Poi, un po’ per la crisi e un po’ per il decorrere della malattia, il suo progetto si è infranto. Oggi gli resta solo un decimo di vista a un occhio, “speriamo che il Signore me lo mantenga, giusto per continuare ad avere un minimo di autonomia”. Storie piccole ma grandi di ricostruzione della propria quotidianità, di tristezza, di debolezza e poi per fortuna di accettazione, di voglia di guardare avanti. Perché la vita continua.
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Redazione