“Quando si analizzano dati statistici o demografici di un territorio si punta a coglierne anche le tendenze macro e le criticità che oggettivamente possono emergere. Ed è un’occasione per riflettere insieme, come attori sociali, sulla nostra città, per il bene dell’intero territorio”. Esordisce così il segretario generale della Cisl Firenze-Prato, nel rispondere al direttore di Confindustria Toscana Nord Marcello Gozzi a proposito dello studio sul lavoro e sui giovani commissionato dallo stesso sindacato. “La ricerca affronta vari aspetti su cui risaltano in modo sostanziale tre questioni rilevanti: il fenomeno demografico, che registra una diminuzione di persone in età lavorativa preoccupante; il disallineamento fra domanda e offerta di lavoro che lascia pesanti interrogativi per i prossimi anni; il dato complessivo sul livello retributivo dei dipendenti e in particolare di quelli del manifatturiero, Su questi punti è un dovere interrogarsi. All’interno della ricerca, noi per primi, abbiamo premesso che il dato medio è alterato anche dal distretto parallelo e da dinamiche di evasione fiscale e contributiva, ma il confronto con le altre province toscane obbliga a una riflessione tutte le associazioni della nostra comunità. Liquidare il tema – commenta Gozzi – con la sua preoccupazione del danno d’immagine della città non serve a nessuno e rischia di spostare in avanti temi su cui provare a rafforzare il nostro fare sistema”.
“Se è vero che il settore delle confezioni ha un reddito medio più basso, all’interno del macro-settore delle attività manifatturiere, è altrettanto vero che questo rappresenta la metà dei lavoratori in tutto il territorio pratese: stiamo parlando di 22.792 lavoratori su 44.447 nel 2021 nel settore manifatturiero. Non vogliamo alimentare la caccia alle streghe o raccontare che l’industria a Prato è brutta e cattiva. Intendiamo semplicemente sottolineare che c’è un lavoro importante da fare, da un lato per migliorare la qualità di chi lavora oggi nel territorio, italiani o cinesi che siano, dall’altro per far sì che tutta la filiera diventi attrattiva per le future generazioni di lavoratrici e lavoratori che, nei prossimi anni – come abbiamo visto nella ricerca – saranno sempre meno.
Stare fermi, accettare l’esistente senza aver il coraggio di progettare un domani diverso, è un atteggiamento che la Cisl non attuerà”, conclude Fabio Franchi.