8 Settembre 2023

Antonella Fioravanti: “Non solo attori, letterati, sportivi e imprenditori, Prato è una città di scienziati”

La biologa che lavora a Bruxelles e salirà sul pulpito durante l'ostensione dell'8 settembre: "Da presidente di Parsec creerò un comitato scientifico con i nostri talenti. Il clima sta cambiando, Prato con la sua tradizione di riciclo e recupero è in vantaggio per la sfida ambientale"


Arriva sulla bicicletta attrezzata col seggiolino per la bimba e non è un caso. Nulla è casuale, nella vita di Antonella Fioravanti, 40 anni, sposata con un ricercatore in fisica e madre di una bimba, docente in biologia molecolare alla VUB Libera Università di Bruxelles, pratese di nascita, cittadina d’Europa e del mondo. Questa sera, 8 settembre, si affaccerà dal pulpito del Duomo nel giorno della festa della città. Sarà testimone civico dell’ostensione della Sacra Cintola. Accanto avrà il vescovo Nerbini e il sindaco Biffoni, l’altro testimone sarà Giovanni Nuti, fratello dell’attore Francesco.

Un ruolo apparentemente onorifico e decorativo, quello del testimone dell’ostensione, Ma lei gli risconosce un senso preciso. “Sarà emozionante, per me come pratese, per Biffoni all’ultima volta da sindaco. Ma soprattutto trovo appropriato che sia una donna di scienza ad esercitare il controllo formale fra il potere secolare e quello religioso che officiano il rito. La scienza è super partes, dev’essere autonoma da ogni ossequio o dipendenza e stasera ne avremo una simbolica, ma significativa conferma”.

Antonella Fioravanti è cresciuta a La Macine, ha frequentato il liceo socio psicopedagogico Rodari e si è laureata con encomio in biotecnologie a Firenze. Dottorato in biologia molecolare a Lille, nord Francia. Durante i corsi, un’intuizione. “La ricerca medica come l’avevo studiata all’Università era tutta basata sull’uomo. Come si ammala, come curarlo, difenderlo e guarirlo. Io decisi di cambiare rotta e ribaltare il punto di osservazione”.

In che modo?

“Studiando il ‘nemico’, i batteri che diffondono malattie, per poterli sconfiggere. A Bruxelles avevano sviluppato una nuova tecnologia che secondo me avrebbe fatto la differenza per la mia ricerca. Col dottorato in tasca bussai lì”.

Antonella Fioravanti col sindaco Matteo Biffoni e Fernando Meoni fondatore del Premio Cerreto ritira i riconoscimento nel 2020

Bussò e le fu aperto.

“Mi dedicai all’antrace, morbo antichissimo e letale, utilizzato come arma batteriologica già dai nazisti e tornato alla ribalta dopo l’11 settembre durante gli attacchi terroristici negli Usa. Grazie agli strumenti in uso alla VUB scoprii che l’antrace, protetto da un esoscheletro, una corazza che lo rende impenetrabile, ha un punto debole. Fino a quel momento, sopratutto dopo gli attacchi dell’11 settembre, gli studi sull’antrace erano per lo più relegati alla ricerca militare, rivolti alla difesa”.

Invece?

“La mia ricerca convinse il direttore del dipartimento del controterrorismo e le epidemie del Usa Food and Drug Administration (FDA). Il mio studio segnò una rivoluzione copernicana nelle biotecnologie riguardanti gli anticorpi”.

E le è valso un riconoscimento internazionale.

“Mi fu assegnato il premio Eos Pipet 2020 dall’Accademia reale delle Scienze belga come più promettente giovane scienziata dell’anno. Prima volta per un ricercatore straniero”.

In Italia avrebbe potuto raggiungere quel traguardo?

“No. Ma forse neppure in altri paesi europei. Il Belgio è ‘capitano’ mondiale delle biotecnologie: le principali case farmaceutiche hanno sede lì, c’è un rapporto virtuoso fra ricerca e fonti di inanziamento e il 95% dei laureati svolge il lavoro per il quale ha studiato”.

Si sente più italiana o belga?

“Chi si dedica alla scienza appartiene al mondo. Sono italiana ma Comunque posso dire che a Bruxelles mi sento a casa mia. Non così in Francia. Lì se sei straniera ti senti straniera”.

Perché?

“A Bruxelles si parlano tre lingue: francese, fiammingo, tedesco, oltre all’inglese, lingua della comunità scientifica. In Francia di ostinano a parlarne una sola spesso anche in ambito scientifico. La lingua è un muro”.

Antonella Fioravanti, “cervello in fuga” dall’Italia.

“Brutta espressione, non sono scappata da nessuno. La scienza, la cultura non hanno confini. Per un giovane che va all’estero dovrebbero essercene due che arrivano nel suo paese”.

In Italia non succede.

“Immagina un giovane indiano che impara l’italiano scientifico per utilizzarlo magari due-tre anni e poi andarsene? La lingua è la prima barriera, anche da noi”.

A proposito di stereotipi, lei non sarà un “cervello in fuga”, ma di certo è “profeta in patria”. Prato l’ha celebrata, premiata, le ha affidato la presidenza della Fondazione Parsec.

“Quando uscí la mia ricercar su Nature Microbiology, il giornalista Giacomo Cocchi lanciò la notizia su TvPrato, il sindaco Biffoni e il presidente del consiglio comunale Alberti vollero conoscermi. Qualche mese dopo mi fu attribuito il premio Cerreto. Il ghiaccio era rotto, la città è stata sensibile, nei miei confronti”.

Con lei si colma una lacuna. Le altre eccellenze di Prato operano in campi umanistici: scrittori, attori, cui si aggiungono gli sportivi.

“Quelle sono le eccellenze di cui si parla. A Prato ci sono tantissime figure impegnate nella scienza, che mantengono basso profilo. Non farò nomi per rispettarne la riservatezza”.

Si può portarle alla generale conoscenza?

“Sarebbe bello realizzare un comitato scientifico a disposizione della città”.

Lo istituisca lei con Parsec.

“Un buon programma per quando Parsec sarà diventata la casa della città”.

 

Antonella Fioravanti negli studi di Tv Prato

 

A proposito, quali obiettivi si propone di raggiungere con la presidenza di Parsec?

“La Fondazione Parsec con sede a villa Fiorelli gestisce il Museo di Scienze planetarie, collezione di elevata qualità scientifica, ad oggi con didascalie solo in italiano che dovranno essere tradotte almeno in inglese e cinese. Poi abbiamo l’istituto geofisico toscano, gestiamo il Centro di scienze naturali di Galceti e l’area umida delle Pantanelle a Casale. Vorrei rendere Parsec un centro di riferimento internazionale che leghi ogni aspetto , ‘dal più piccolo microbo alle stelle’ e sia accessibile ad ogni background culturale e disabilità”.

Obiettivi generici. Il primo traguardo concreto?

“Presto daremo una sorpresa alla città”.

Lei rappresenta il ponte ideale fra Prato e Bruxelles, sede di ogni possibile finanziamento, grazie all’Unione europea. Ha già individuato le fonti?

“Non basta avere residenza a Bruxelles per aver accesso ai fondi. Se riuscirò a portarne a Prato, sarà un grazie ad un lavoro di squadra ma anche per le mie qualità di negoziatore e divulgatore, perché so come negoziare e so so parlare di scienza a chiunque”.

“So negoziare, so parlare”. Lei è molto sicura di sé.

“La divulgazione scientifica è un pilastro della missione dello scienziato, E amo tantissimo il concetto olandese di dottorato di ricerca, che presuppone un dovere civico: spiegare agli altri ciò che hai appreso, renderne partecipe la comunità, parlando con identica efficacia a un gruppo di bambini e a un ministro”.

Oggi anziché ascoltare chi è sapiente si preferisce compulsare Google.

“Dopo il Covid, dalla scienza si pretende tutto e subito, non considerando che la scienza e la ricerca richiedono tempo e lavoro. E vanno sostenute prima dell’emergenza. Dovere dello scienziato è spiegare cosa sta facendo e perché alla società civile, indicare gli strumenti per capire e rispondere alle domande di fondo: solare o carbone? carne sintetica o biologica? A chi volete domandarlo, sennò, ai terrapiattisti? Google apre le porte alle fonti, ma come si salva il pianeta deve dirlo la scienza”.

È dell’opinione che il pianeta sia in pericolo?

“Non è un’opinione. È verità scientifica. In Antartide sono appena annegati diecimila pulcini di pinguino imperatore per il disgelo dovuto al rialzo delle temperature. Non è un problema delle future generazioni, ma nostro. Di oggi, domani, dei prossimi mesi”.

Prato da oltre un secolo recupera gli stracci, da decenni ricicla le acque.

“La città ha sensibilità e cultura ambientali. Non parte da zero. ma non deve fermarsi. Alle Pantanelle, nella riserva naturale, utilizziamo l’acqua di riciclo del depuratore del Calice”.

Qual è il suo luogo del cuore, a Prato?

“La Biblioteca Lazzerini. Ci ho trascorso l’infanzia a leggere e prendere i libri in prestito e l’adolescenza, a studiare. Allungavo il percorso pedalando in centro storico. Che malinconia, allora, i cartelli ‘Affittasi'”.

Del resto, due centri commerciali come i Gigli e il Parco Prato nel raggio di cinque chilometri, non li ha nessun’altra città.

“Vero, ma oggi non vedo più così tanti fondi chiusi”.

Trasformati in ristorantini, locali per giovani. Il centro dorme di giorno, vive di notte.

“Anche Pistoia è diventata un ristorante a cielo aperto. Vorrei che nel centro di Prato aprissero attività di giovani, magari legate alla scienza e alla ricerca. Sarebbe bello se, oltre alle cene e ai drink si facessero più colazioni, si iniziassero in centro le giornate di lavoro”.

Si sente ancora pratese?

“Certo. E lo sarò sempre. Sono nata a Prato. Mio nonno, carabiniere e partigiano, era di Poppi, la nonna di Salerno: si sono trasferiti qua a fine carriera di lui. Mio padre è nato in Friuli. Mi sento pretese doc proprio per questi incroci. Non si è pratesi per discendenza, ma perché si arriva a Prato e ci si resta. E per un’altra caratteristica”.

Quale?

“Sfinirsi di lavoro, non smettere mai, non sentire fame e sonno quando si è al pezzo, nel mio caso durante un esperimento”.

Per una scienziata come lei che se ne va, arrivano migliaia di immigrati con basse mansioni. Eppure, cinesi e pakistani, molto presenti qui, hanno talento e cultura per le scienze, sono fra i migliori ricercatori al mondo.

“Magari gli operai pakistani sono laureati e si adattano a ciò che viene offerto. Molte badanti hanno titoli di studio di eccellenza. Si tratta di approfondire la conoscenza reciproca. Su questo punto vorrei lanciare una provocazione”.

Prego.

“Spesso pensiamo ai cinesi come a una comunità chiusa, ma quanti pratesi hanno fatto amicizia coi ragazzi australiani della Monash e delle altre università straniere? Attraendo le sedi di atenei internazionali le istituzioni pratesi hanno compiuto un salto di qualità culturale che la città non ha ancora colto pienamente”.

Eppure, con decine di migliaia di immigrati dall’Italia e dal mondo, fin dal dopoguerra siamo la città dell’accoglienza.

“Magari resta la barriera linguistica, l’inglese non è così diffuso. Oppure l’integrazione avviene facilmente dove è accelerata dal lavoro e meno nei rapporti sociali. A Bruxelles le persone sono meno ‘calde’, rispetto a noi, ma si celebra la festa dei vicini: tutti in strada col cibo, a fraternizzare con chi abita a due passi e ancora non si conosce”.

Oggi, 8 settembre, la città sarà in strada, in piazza per la festa di tutti.

“Stranieri compresi. Siamo una città aperta e con un piede e la testa nel futuro. Con grandi potenzialità per uomini e donne”.

A proposito, lei ha ricevuto dal presidente Mattarella il titolo di cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia per i meriti scientifici e il contributo alle pari opportunità per le donne nella ricerca e nel lavoro.

“Appena il 30% dei ricercatori sono donne. Ma nei paesi in via di sviluppo le donne sono le prime ad andare in cerca del bene primario, l’acqua, assolvendo a un compito decisivo per la sopravvivenza. Faccio parte assieme all’ex ministro Mogherini, a Irene Zancanaro di Ferrero Belgio del tavolo bilaterale fra i due paesi per la parità di genere e l’incremento della presenza femminile in posizioni di leadership”.

Antonella Fioravanti risale in bici. Diretta ai giardini a prendere Bianca, cinque anni. “L’ho tirata su in laboratorio, in Belgio, all’asilo parla francese e fiammingo, in casa italiano. Dice di voler diventare veterinaria”.

Sarà donna di scienza pure lei.

“Bianca diventi ciò che desidera, cresca felice e consapevole, cittadina del mondo. Con il cuore anche a Prato”.