Non avrebbero gradito il cibo fornito e per questo avrebbero messo in atto una vera e propria rivolta mettendo a soqquadro un’area del carcere. E’ quello che sarebbe accaduto ieri pomeriggio alla Dogaia. La denuncia arriva dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, “Nel tardo pomeriggio di ieri, nella casa circondariale di Prato, un gruppo di detenuti ubicati nella seconda sezione sezione ha messo in scena una forma di rivolta all’interno della sezione detentiva. Gli stessi si sono muniti di spranghe di legno e macchinette da caffè inserite all’interno di calzini, minacciando il già esiguo personale di polizia in servizio. La folle protesta è scaturita dopo le lamentele di alcuni detenuti che non gradivano il vitto fornito dell’amministrazione. I detenuti hanno saccheggiato la sezione, rompendo qualunque cosa gli capitasse a portata di mano come telecamere, finestre e le varie suppellettili in dotazione alla sezione” racconta Francesco Oliviero, segretario regionale del sindacato.
“Solo grazie al professionale intervento dei colleghi in servizio, supportati dal personale intervenuto dall’esterno e della caserma, la situazione e tornata alla normalità dopo alcune ore di mediazione”, prosegue Oliviero, che però denuncia: “questa volta nessuno si è fatto del male, ma non si può andare avanti così. La situazione nel penitenziario pratese, già denunciata dal Sappe, è seriamente preoccupante”.
“La cosa più grave che emerge da questa ennesima rivolta”, prosegue il segretario generale del sindacato Donato Capece, “è che nulla l’Amministrazione riesce a porre in essere per eliminare queste lotte tra bande in cui potrebbe anche avere epiloghi peggiori. Ormai questi “giochi di potere” sono all’ordine del giorno, alla pari di luoghi malfamati come le banlieue francesi dove vige la legge della giungla. Tale situazione di immobilismo da parte dell’amministrazione penitenziaria sta mettendo a dura prova il lavoro della Polizia Penitenziaria, tanto che come SAPPE stiamo decidendo di dare vita a breve ad eclatanti azioni di protesta per manifestare il proprio disagio lavorativo”.