24 Gennaio 2022

Fallimenti, nel 90% dei casi c’è un’ipotesi di reato

Il dato emerge dalla relazione del procuratore Nicolosi: aumentano anche i casi di stalking


Otto tentati omicidi ed un omicidio consumato, nei confronti di una donna. Trentasei procedimenti aperti per sfruttamento lavorativo. Tanti, troppi, infortuni sul lavoro, con 3 fascicoli aperti per incidenti mortali, 53 per lesioni colpose, di cui 3 gravi. Reati di stalking in aumento (107 contro i 77 dell’anno precedente); indagati per droga quasi uno al giorno (317 i procedimenti aperti) e una statistica-record: sulle 96 sentenze di fallimento giunte all’attenzione della Procura, in ben 87 casi si sono ravvisati gli estremi per contestare l’ipotesi di bancarotta semplice o fraudolenta.
Sono alcuni dati estrapolati dalla relazione di Giuseppe Nicolosi, procuratore della Repubblica di Prato, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. I dati sono riferiti al periodo compreso tra il 1 luglio 2020 e il 30 giugno 2021 e testimoniano la complessità del circondario pratese, caratterizzato da varie emergenze criminologiche. Per quanto riguarda i reati di falso in bilancio e bancarotta fraudolenta patrimoniale, il procuratore Nicolosi sottolinea come siano difficilmente estirpabili le forme di criminalità economica legate ai fallimenti. “Si mantiene stabile il numero dei procedimenti per bancarotta semplice o fraudolenta (87 iscrizioni a noti contro le 86 del 2020). Tale numero, malgrado il massiccio ricorso al concordato preventivo, è sintomo di una prassi tuttora imperante secondo cui imprenditori, commercianti, commercialisti e professionisti di vario genere vengono coinvolti in attività del tutto prive di quei criteri di trasparenza e legalità che dovrebbero distinguere l’attività produttiva”.

 

Spaccio di droga e mafia cinese

Per quanto riguarda lo spaccio, il procuratore sottolinea che “attualmente il microtraffico è totalmente monopolizzato da cittadini nigeriani, che per lo più concentrano lo spaccio in una zona limitata della città” e che malgrado lo sforzo profuso dalle forze dell’ordine, l’istituzione dell’ipotesi lieve di spaccio come fattispecie autonoma di reato, introdotta nel 2014, “ha notevolmente ridotto la capacità repressiva”.
Sulla presenza della mafia cinese a Prato, il procuratore Nicolosi ribadisce: “Non si può escludere, ma anzi taluni preoccupanti indici lo fanno ipotizzare, che nel circondario pratese operino cellule della criminalità organizzata cinese, astrattamente riconducibili alla fattispecie criminosa di cui all’art. 416 bis c.p., come tale di competenza della DDA”.

 

Gli uffici sguarniti

Nella sua relazione, Nicolosi torna a denunciare l’assoluta inadeguatezza della pianta organica del personale amministrativo della Procura e la situazione effettiva ancora peggiore, visto che dei 31 amministrativi previsti, ne risultano in servizio attualmente soltanto una ventina. “Tale esiziale carenza di personale non può che riverberarsi negativamente sull’efficienza dell’Ufficio, rendendo insostenibile il peso degli adempimenti ai quali sono preposti gli impiegati dell’amministrazione della giustizia, malgrado l’impegno da essi profuso” scrive Nicolosi, che mette in luce altri problemi della giustizia pratese: la difficoltà di trovare, per i pazienti psichatrici autori di fatti di violenza nei confronti di familiari, posti per la permanenza in libertà vigilata presso strutture di secondo livello.

 

Controlli nei capannoni: lo spauracchio prescrizione

Altra preoccupazione espressa dal procuratore riguarda il contrasto alle violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Nell’anno di riferimento sono stati iscritti 582 procedimenti penali per violazioni contravvenzionali in materia di sicurezza sul lavoro, di cui 436 a carico ci imprese cinesi.
Gli imprenditori nella maggior parte dei casi pagano la sanzione, adempiono alle prescrizioni impartite ed estinguono così il reato (fra i titolari cinesi il 72,7% fa questa scelta, fra gli italiani l’81,5%). I casi in cui si arriva invece all’estinzione del reato per intervenuta prescrizione sono meno dell’1%, ma il procuratore mette in guardia da un problema che attualmente affligge il Tribunale di Prato: quello dei tempi lunghi per la fissazione dei processi, proprio per i reati contravvenzionali a citazione diretta. “Negli ultimi mesi – scrive Nicolosi – le prime udienze risultano essere fissate anche oltre dopo due anni dalla richiesta (ad es. richieste di ottobre 2021 con prima udienza fissata al giugno 2025, addirittura per delitti colposi con violazioni in materia di sicurezza).
Ebbene, è evidente il rischio in tal caso di vedere prescritte le violazioni contravvenzionali contestate – anche a fronte di indagini che l’Ufficio riesce a definire addirittura entro i sei mesi dall’iscrizione nel registro 335 c.p.p – addirittura alla prima udienza, o a quelle di rinvio, (solitamente peraltro la prima udienza istruttoria)”.

“Una simile scelta appare allo scrivente in contrasto peraltro con i criteri di priorità che l’Ufficio ha condiviso con il Tribunale e che, tenuto conto proprio della specifica realtà territoriale del circondario, ha condotto ad inserire i reati di violazioni al Testo unico sicurezza sul lavoro fra quelli da trattare in via prioritaria. Laddove venisse percepito all’esterno la possibilità di riprendere – come accaduto in passato – a lucrare sulla definizione delle contestazioni contravvenzionali grazie alla prescrizione, è ragionevole ipotizzare che vi potrebbe essere una riduzione anche dell’interesse a definire il procedimento con l’estinzione ex 758/94. L’effetto ultimo sarebbe un contraccolpo alla regolarizzazione delle violazioni in materia di sicurezza, ed una riduzione anche delle possibilità di incassare sanzioni da reinvestire nel capitolo di legalità in un settore notoriamente sensibile, all’attualità, come quello della sicurezza sui luoghi di lavoro”.