11 Gennaio 2022

Malata terminale resta su una lettiga per 24 ore al Pronto Soccorso di Prato

I familiari: “Non sarebbe accettabile per chiunque, figuriamoci per una persona in gravissime condizioni”


Ventiquattro ore di filata sopra una lettiga al Pronto Soccorso di Prato prima di trovare un letto disponibile in ospedale. Una situazione che dovrebbe essere eccezionale diventata, purtroppo, ordinaria al Santo Stefano. Ma il caso che ci è stato segnalato ha riguardato una donna anziana e malata terminale, entrata al Pronto Soccorso a seguito di una emorragia causata dal tumore ormai in stato terminale. L’episodio, risalente alla fine dello scorso mese di novembre, è stato verificato dalla nostra redazione. “Nostra madre – spiega uno dei figli – è poi deceduta nei primi giorni di dicembre. A distanza di qualche settimana abbiamo creduto opportuno segnalare quanto accaduto”.
La donna aveva vissuto con grave disagio la permanenza al Pronto Soccorso, nonostante – come tengono a precisare i familiari – il grande impegno professionale e le attenzioni del personale sanitario. Una situazione resa ancora più difficile dall’impossibilità di tenere contatti con i propri cari: i telefoni cellulari non hanno campo nel reparto di urgenza del Presidio ospedaliero e da quando è in corso la pandemia i parenti non posso entrare nella sala di attesa. Soltanto dopo 24 ore, una volta eseguiti alcuni esami clinici – ci spiegano i parenti – si liberò un letto in un reparto e la signora fu ricoverata, molto provata fisicamente e psicologicamente.
“Stare un giorno intero, notte compresa, su una lettiga, in un contesto di difficile promiscuità con persone dalle patologie e dai casi più disparati, non sarebbe dignitoso per chiunque, e oltretutto presenta anche rischi per la salute – afferma uno dei figli – ma certo per una persona anziana malata terminale è una situazione inaccettabile”.

Il caso, che ormai al Santo Stefano tale non è più da tempo, evidenzia ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, lo stato in cui versa il Pronto Soccorso di Prato, inadeguato strutturalmente già quando il nuovo ospedale fu inaugurato nel 2013 e messo a dura prova quotidianamente da una quantità altissima e in crescita costante di accessi. La pandemia ha fatto poi il resto. All’inadeguatezza del reparto di urgenza si lega la cronica carenza di posti letto dei reparti che, anche in situazioni più ordinarie – a fine novembre la situazione Covid non si era di nuovo aggravata – non riescono a rispondere prontamente alle esigenze del Pronto Soccorso. Il progetto di ampliamento, già varato dell’Asl e in parte finanziato dal Governo centrale, è fermo da anni.
Ma ci sarebbero, secondo i familiari che ci hanno segnalato il caso, delle migliorie che si potrebbero varare intanto senza particolari esigenze organizzative: “Non riuscire ad avere notizie per 24 ore di un familiare in gravi condizioni al Pronto soccorso è inaccettabile. D’altra parte il personale sanitario è già oberatissimo. E’ incredibile che a fornire informazioni ai congiunti che possono recarsi all’esterno del reparto di emergenza – racconta l’altro figlio – sia, per quanto in grado, la Guardia giurata che presidia l’ingresso. Sarebbe così complicato – è la proposta – prevedere un dipendente Asl, a turno nelle 24 ore, incaricato di tenere i contatti tra il Pronto Soccorso e i familiari, tramite un numero telefonico dedicato?”

Intanto la nuova ondata pandemica ha fatto impennare i ricoveri Covid, che continuano ad aumentare di giorno in giorno. Ieri in Toscana si è sfiorato i 1.200 pazienti Covid. In particolare, all’ospedale Santo Stefano di Prato sono saliti a 65 i ricoveri, mentre in terapia intensiva sono occupati 8 posti su 10. Altri 35 pazienti si trovano al Centro Pegaso, 12 infine a “La Melagrana” di Narnali.