Venti anni senza don Renato, il prete degli scout di Prato. I «suoi ragazzi» si ritrovano a Canneto per ricordarlo
Sono passati venti anni dalla morte di don Renato Chiodaroli, il prete degli scout di Prato. Scomparso l’11 maggio 1999, il sacerdote è stato lo storico parroco della piccola comunità di Canneto e nella sua canonica ha ospitato per trent’anni attività e uscite di generazioni di ragazzi e ragazze con il fazzolettone al collo.
Per ricordare la sua figura di sacerdote e educatore i «ragazzi di allora» che hanno costituito una associazione che porta il suo nome hanno organizzato una giornata di festa e condivisione.
L’iniziativa si tiene sabato 11 maggio, naturalmente a Canneto ed è aperta a tutti coloro che hanno conosciuto don Renato. Alle 18 viene celebrata la messa, a seguire c’è una cena di condivisione e poi una serata di canti, danze e ricordi secondo quello stile scout tipico del sacerdote lodigiano, rimasto impresso in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di fare un tratto di strada insieme a lui.
La storia di don Renato comincia il 15 novembre 1929 a Lodi. Cresce in una forte esperienza cristiana, educato nell’Azione Cattolica all’apostolato specialmente tra i giovani. Dopo un’impegnativa esperienza di educatore presso la Città dei Ragazzi di Civitavecchia, entra nel Seminario di Prato nel ’64 come «vocazione adulta». Ordinato sacerdote da mons. Fiordelli nel ’69, dopo un anno di servizio a S. Andrea a Iolo, viene nominato parroco di Canneto, dove resta – tranne una breve parentesi missionaria nel Ciad (abbandonata per una grave malattia tropicale) – fino alla morte.
Se piccola era la parrocchia di Canneto, grande è stato il suo apostolato, soprattutto tra i giovani. Generazioni di scout lo hanno avuto come animatore spirituale. Chi conosce il metodo scout, sa quale impegno richieda in chi voglia attuarlo senza sconti. E don Renato non era tipo da fare sconti. E forse è stato proprio questo uno degli aspetti che lo hanno fatto amare: nel suo essere esigente, si avvertiva un grande cuore che andava diritto all’essenziale; il suo tono burbero era solo la scorza che copriva un amore soprannaturale. Si può dire che tutto il suo tempo lo ha consumato in questo autentico apostolato.