8 Aprile 2011

LA CRISI DELL’EDILIZIA. UIP: “NECESSARIA UNA
STERZATA DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE”


Nemmeno il maxi-cantiere dell’ospedale, peraltro condotto da operatori non locali, basta ad attutire il colpo dato dalla crisi all’edilizia pratese: i numeri della Cassa Edile evidenziano una situazione molto critica, con 300.000 ore lavorate in meno nel 2010 rispetto al 2009 (2,78 milioni di ore contro 3,08), che a sua volta ne contava 550.000 meno del 2008. Il sostanza in tre anni il settore ha perso il 16% di ore lavorate. Negativi, coerentemente, anche i dati sul numero di imprese, che in tre anni è sceso di 138 unità (549 nel 2010), e di addetti, che segnano -586 (2.017 nel 2010).
“L’edilizia pratese è ancora pienamente nel tunnel – commenta Moreno Paolo Torri, Presidente di Ance Prato-sezione Edili dell’Unione -. I motivi sono molti e solo in parte riconducibili in via diretta alla crisi economica generale. Questa infatti spiega il rallentamento degli investimenti privati, ma giustifica solo parzialmente la stasi delle opere pubbliche, le manchevolezze sul piano strategico, le assenze di programmazione e di visione. Fra i referenti istituzionali locali, la Regione Toscana ha in corso di approvazione il Pit, la cui ispirazione non è certo orientata verso lo sviluppo ma mira evidentemente ad ingessare e soffocare l’esistente. Quanto alla dimensione pratese, l’inerzia è pressoché totale: la mancanza di risorse è un grave problema, ma certo non si fanno grandi sforzi per esprimere idee a progettualità che aiutino ad aprire prospettive nuove.”
“Per ovviare a questa situazione occorrerebbe una sterzata decisa – continua Torri -. Anche noi imprese dobbiamo fare la nostra parte, ad esempio mettendoci insieme per superare i nostri limiti dimensionali e provare ad accedere anche a mercati esteri: è un’ipotesi percorribile a cui stiamo lavorando. Ma soprattutto occorrerebbe che pubblico e privato collaborassero attivando strumenti come i fondi immobiliari misti pubblico-privati e il project finacing. In ogni caso le imprese impegnate nelle opere pubbliche hanno diritto ad essere pagate in tempi e modi congrui; a loro volta debbono vedersi assegnati gli appalti solo se in grado di fornire adeguate garanzie di serietà professionale, di efficienza e capacità di espletare i lavori con certezze su costi e tempi, di correttezza rispetto agli obblighi contributivi ed alle normativa sulla sicurezza sul lavoro. Lo diciamo da lungo tempo: no agli appalti al massimo ribasso, sì a bandi orientati alla qualità dei lavori e quindi anche di chi li eseguirà. Qualche caso positivo comincia ad esserci: bisogna che questa prassi diventi la regola, accanto all’utilizzo degli strumenti che consentono, in determinate condizioni, di scegliere l’impresa che fornisce maggiori garanzie di qualità. E a questo proposito registriamo con soddisfazione che dopo anni di attesa ha fatto passi avanti in Parlamento la legge che stabilisce per l’accesso all’attività edile dei requisiti minimi in tema di formazione e di dotazione tecnica, oltre che di onorabilità. E’ la strada giusta: l’edilizia non ha bisogno di operatori improvvisati, ma di professionisti seri e corretti”.