Dopo il clamore suscitato dalle vicende relative al crac delle quattro banche e l’introduzione della nuova normativa europea BRRD sulla prevenzione e gestione delle crisi bancarie – di cui il contenuto più celebre è senz’altro il Bail-in (risoluzione interna) -, la Banca Area Pratese in collaborazione con ChiantiBanca ha voluto fare chiarezza intorno ai quesiti che animano i timori dei risparmiatori.
L’incontro, tenutosi presso la gremita Camera di Commercio di Prato alla presenza di soci e risparmiatori, ha visto la partecipazione dei due istituti in vista della fusione fra ChiantiBanca, Banca Area Pratese e Bcc Pistoia. Operazione di integrazione partita ad ottobre e che ha avuto questa settimana l’ok della vigilanza: “A brevissimo saranno convocate le Assemblee per sottoporla ai soci -annuncia il dg dell’istituto di credito pratese Mauro Focardi Olmi-. Potrà generare una banca più forte, in quella che è la terza città del centro Italia ed ha bisogno di istituto che abbia dimensioni organizzative maggiori dell’attuale. Per quanto riguarda la solidità, insieme alla fusione chiederemo l’approvazione del bilancio. Quest’anno abbiamo avuto un utile di un milione e mezzo e un CET1 di 17,87%, tutti indici buoni. Oltre a questo va valutata la solidità in termini organizzativi data da una struttura più grande. Una banca troppa piccola, alla luce della nuova normativa europea, nel tempo può avere problemi operativi. Bisogna ricordare che una banca deve essere anche a servizio del territorio”. “Parlando di solidità, dopo la fusione il CET1 (Common Equity Tier 1, rapporto tra il capitale a disposizione della banca e le sue attività ponderate per il rischio, ndr) balzerà dal 14,4% attuale al 13,6% -spiega Andrea Bianchi, direttore di ChiantiBanca-, peggiorando lievemente ma restando buono, considerando che deve essere sopra al 10.5%. Con una buona gestione e un piano industriale contiamo di riportarlo sopra il 14% in tempi relativamente rapidi”.
Non solo l’ormai celebre CET1. Il docente universitario Cristiano Iacopozzi ha illustrato gli indicatori utili a valutare la solidità bancaria e gli step che si attiverebbero in caso di risoluzione interna. Va data attenzione, spiega Iacopozzi, ai dati sui crediti deteriorati, alla diversificazione dei rischi, al rapporto tra livello degli impieghi e livello dei depositi, alle dimensioni (troppo grandi renderebbero difficile la lettura dettagliata dei bilanci, troppo piccole andrebbero incontro a problemi organizzativi). Sono solo alcuni spunti e non si tratta di indicatori netti, sottolinea il docente. Che per concludere ha voluto rassicurare i risparmiatori elencando le forme di tutela e l’applicazione gerarchica in caso di Bail-in. Nell’ordine: azione e strumenti di capitale, titoli subordinati, obbligazioni e altre passività ammissibili, depositi sopra i 100mila euro.
In buona sostanza i consigli emersi sono stati quelli di evitare allarmismi ma anche di scegliere in maniera più consapevole, rimarcando comunque la necessità di un comportamento etico da parte delle banche.
Chiara Gori