14 Maggio 2015

Daverio: “Chiedetevi cos’è Prato e comunicatelo, già a Modena non vi conoscono”. E sul cachet: “È alto perché il 70% va in tasse” VIDEO


“Cos’è Prato? già a Modena non lo sanno. È il tessile in crisi? I cinesi? I biscottini?”. Philippe Daverio pone due questioni ai pratesi che sono venuti a sentirlo a Palazzo Pretorio: l’identità e la comunicazione. “Nessuno si immagina la grande storia che avete, dovete riprenderla in mano e trovare il modo di farla conoscere fuori dai vostri confini”, ha detto il critico d’arte e celebre volto televisivo, conosciuto al grande pubblico per la trasmissione “Passpartout”, in onda sulle reti Rai.
La saletta del Pretorio dove si tiene la sua lezione è strapiena, ieri sera c’erano così tante persone che gli organizzatori hanno pensato bene di mettere altre sedie nel cortile interno del Palazzo e di allestire un maxischermo.
Con la sua caratteristica affabulazione, un po’ eccentrica come il suo modo di vestire (portava l’immancabile papillon), ha esortato i pratesi, ma anche l’amministrazione comunale e lo staff del Pretorio a riprendere in mano i “vostri miti fondanti”, come la Sacra Cintola e la sua storia, il Datini e la famiglia Lippi – “che inventa uno stile estetico unico, diverso da quello fiorentino dell’epoca” – e a raccontarli. Basta volerlo, a meno di non fare come quelle città “che hanno deciso di non volere nessuno tra i piedi, come ad esempio Piacenza, che è bellissima ma nessuno ci si ferma”.

Prima dell’appuntamento al Pretorio abbiamo incontrato Daverio da Baghino. Con un gin tonic in mano, lui pasteggia sempre così, ci ha raccontato cosa pensa di Prato e della sua volontà di aprirsi al turismo ma anche della polemica legata al suo cachet, che tanto ha fatto discutere in città.

 

Sul Pecci e sul suo ruolo di Centro per l’arte contemporanea Daverio è stato molto duro: “L’arte contemporanea è un meccanismo linguistico che interessa esclusivamente una schiera di sacerdoti addetti ai lavori e il resto dell’umanità non li trova interessanti questi fenomeni. Dobbiamo avere il coraggio di dire: il 99,5% dell’arte contemporanea è una bufala!”. E allora cosa ci dobbiamo portare al Pecci? “Un dibattito sull’arte contemporanea, un dialogo sull’italianità”.

 

Riguardo alla questione del suo cachet, costato alle casse comunali circa 8mila euro, Daverio si rivela molto diretto e tranchant: “Senza un compenso non sarei venuto. Io sono abbastanza costoso per un motivo banale, il 70% di quello che mi viene pagato lo restituisco al fisco, se non fossi fiscalizzato in un modo così feroce costerei molto meno”.

 

 

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