Due grandi nomi della letteratura e della regia come Jon Fosse, considerato tra i massimi scrittori e drammaturghi norvegesi vivente, e Oskaras Koršunovas, acclamato regista della scena lituana, fondatore del Teatro Indipendente OKT Koršunovas e apprezzato in tutta Europa per il carattere innovativo del suo teatro firmano lo spettacolo “Winter” che sabato 14 e domenica 15 marzo arriva al Teatro Fabbricone di Prato (feriali ore 21, festivo ore 16).
Si tratta di una storia sull’umanità del nostro tempo, sulla solitudine, sui desideri di fuga dalla realtà, sulla difficoltà dello stare insieme così come del separarsi, un’opera malinconica e poetica, ma anche cruda e fredda. La storia è quella di un uomo d’affari, cui dà corpo Marco Brinzi, che una sera incontra una irruente prostituta, impersonata da Ruta Sodelka. Lei lo affronta, lo provoca, si aggrappa letteralmente a lui, ripete: “Sono la tua donna”. L’uomo – un borghese anonimo, esitante ma intrigato – ne rimane coinvolto e la porta nella sua stanza d’albergo, decidendo in seguito di lasciare famiglia e lavoro. A quel punto lei ritratterà. Non sarà più interessata.
Koršunovas ci dice che nelle opere di Fosse “le sfumature sono molto importanti, tutto ciò che non viene detto è importante, come le pause nella musica, che creano contenuto ed espressione. Il regista e gli attori devono affrontare la rappresentazione come un’orchestra, considerando il testo come uno spartito da tradurre inventando un metodo per fissare le emozioni. Winter è uno spartito di emozioni”.
“Questo spettacolo è già stato realizzato al Teatro Nazionale di Oslo, in Norvegia e poi in Lituania – spiega ancora Koršunovas – ma ogni volta il lavoro è completamente nuovo; in Norvegia si è trattato di un dramma psicologico, in Lituania di un mystic play. Arrivando in Italia il testo si è scongelato, è divenuto più emotivo, ed è venuto fuori uno spettacolo unico”. “Il linguaggio è innovativo – commenta ancora – e forte. La drammaturgia contemporanea non significa basarsi soltanto su testi attuali, ma soprattutto interpretarli con linguaggi diversi e non tradizionali. Gli attori devono reinterpretare il testo che ha potenzialità enormi, riscoprendolo e assecondandolo”.
Sulla scena, difatti, l’uso del linguaggio è scarno, conciso, fatto di ripetizioni e silenzi, essenziale, e fa da specchio alla realtà delle relazioni contemporanee senza il bisogno di alludere al non detto o sottolineare i problemi di solitudine e incomunicabilità: il linguaggio è sospeso e frammentato così come sono le relazioni.
Informazioni: Teatro Fabbricone, sabato 14 e domenica 15 marzo
(feriali ore 21.00, festivi ore 16.00)
Biglietti da 7 a 17 euro