13 Gennaio 2024

Viale della Repubblica, molto più che una strada. Ormai è una città nella città

Dà il nome a un'importante zona, molto affollata e ben servita. Dal rettilineo caro ai campioni del ciclismo all'attuale lenta gincana fra rotarorie e dissuasori


 

 

C’è una linea di coerenza nell’iniziare dal viale della Repubblica l’inchiesta sulle principali strade della città con cui Tv Prato fa seguito a quella sulle piazze del centro storico. Nel viale della Repubblica infatti sono confluite funzioni dal centro, contribuendo alla crisi della zona antica della citta

Palazzo di giustizia ha riunito in un solo, enorme e già malandato, edificio ciò che una volta occupava l’attuale scuola di musica in via Santa Trinita (Pretura) e quasi l’intera via dei Migliorati (tribunale). Con le sedi della giustizia se ne andarono anche i carabinieri (con tappa in via Pomeria); la Finanza (in parte rimasta sul Mercatale); la polizia dal commissariato poco oltre le mura. E decine di studi di avvocati, commercialisti, periti, geometri, che del tribunale formano l’indotto. Tutti trasferiti nella nuova città, sorta a sud ovest del centro e della quale viale della Repubblica era ed è il decumano, l’asse che nell’urbanistica romana collegava est e ovest. Viale Montegrappa e viale Marconi sono semmai il cardo, il tracciante da nord a sud.

Palazzo di Giustizia a Prato

Una nuova città, appunto. Perché viale della Repubblica è molto più di una strada di collegamento. È una destinazione, un punto di arrivo. Non solo per le persone che vi abitano, ma per intere funzioni che lì sono nate o trasferite, andando talvolta contro la loro apparente natura. Boutique come Marty e Berretti (una di tendenza, l’altra classica) sembravano nate per il centro. Invece, hanno lasciato via Garibaldi e il Corso, per trasferirsi là, nella città spuntata con forza fra gli anni Settanta e Ottanta, che tutto e tutti attraeva e segnò un profilo quasi antropologico delle persone che partecipavano all’esodo.

Negli anni ’80, trasferirsi in quella zona era – più che una moda – quasi una filosofia di vita: appartamenti nuovi e ben serviti, verde fra condomini, autostrada vicina, scuole, banche, palestre. E il grande Museo di arte contemporanea, donato da Pecci, proprietario di gran parte delle aree urbanizzate.
Si abbracciava il nuovo, si manifestava ottimismo dichiarando di abitare “nel viale della Repubblica”, anche se poi le residenze erano in via Catani, via Picasso, via Valla, via Sant’Andrea a Tontoli, via Cecchi. Si citava il viale come una metropoli, un luogo-madre, cosi come in Brianza si cita Milano. Molto più di una strada: ecco cos’era e, dopo tanti anni, resta viale della Repubblica. Un viale che ha dato il nome a un’intera zona: non più centro, non ancora Mezzana.

Il Museo Pecci

E pensare che nei primi anni Settanta, come vuole la frase fatta “Qui era tutta campagna”, campi da ogni parte, illuminazione precaria.  Via delle Fonti, oltre la Declassata aveva un che di rassicurante, con le sue luci, Una sera ci avventurammo in bici, tra ragazzi-bambini comunque rincasati alle dieci e mezzo. Partirono ceffoni, quando qualcuno se lo lasciò sfuggire e le mamme vennero a sapere. Era un posto poco raccomandabile, buio. Eppoi c’erano le prostitute, che noi non vedemmo, sempre che le avessimo riconosciute. Insomma, quella zona appariva l’orlo di un abisso.

Alla luce del sole,  invece, viale della Repubblica assolse da fine anni Sessanta e fino al Duemila il ruolo di impianto sportivo. Lì arrivava il Gran premio Industria e commercio, e un anno si assegnò la maglia tricolore di campione italiano. Tre volte ci è arrivata  una tappa del Giro d’Italia. Quando non fu più un interminabile rettilineo, ma subì restringimenti e rotonde, sagomature per impedire velocità e incidenti,  il ciclismo se ne andò e per trovare un rettilineo sgombro, nella città delle rotatorie, le corse arrivarono in viale Piave.

Viale della Repubblica, inteso come zona che si chiama con il nome di una strada, continua ad avere il successo (anche per valori immobiliari) cui lo aveva destinato Giannino Veronesi, ingegnere capo del Comune che negli anni Sessanta lo progettò come nuova city. Assieme alla parallela via Valentini, dove confluirono le banche in uscita dal centro.

Inteso come strada, viale della Repubblica soffre a causa di dissuasori e strettoie, intervenuti seguendo nuove tendenze  della regolazione del traffico e soprattutto per sicurezza, dopo che lì e in particolare nel “gemello” viale Galilei, negli anni Novanta, si verificarono incidenti gravissimi e la morte di  pedoni investiti. Alle ore di punta e non solo è paralisi per  le auto che arrivano nella zona per fermarsi e quelle in transito  per l’autostrada e il Macrolotto 2. La soluzione del nodo del Soccorso e il raddoppio del Ponte Lama potrebbero restituire respiro al viale della Repubblica oppresso. Ma le soluzioni dipendono da Anas e Autostrade, da carenza di fondi e da una burocrazia statale e locale, sempre più pignola e opprimente.

Auto in coda di fronte all’istituto Buzzi

Ecco, se una nostalgia coglie è quella degli anni in cui il viale – come la città- cresceva impetuoso, ciò che si deliberava si faceva, volere era potere. Non come oggi che il fast fast fast, possibile per un privato, rimane un miraggio per Comune, Regione, Stato. E un miraggio resta soprattutto per gli automobilisti del viale della Repubblica e non solo, che sarebbero ben felici di viaggiare lenti. Invece di rimanere incolonnati e fermi.

 

Buongiornoprato@tvprato.it

disegno di Marco Milanesi