A casa di Vigilanti, tra foto da legionario e ritratti del Duce
È morto a 93 anni il pratese più volte sospettato per i delitti del mostro di Firenze. Il ricordo della prima intervista
Se n’è andato, lasciando la sensazione che possa esser stato lui, il mostrodiFirenze. O almeno, che conoscesse molte verità sulla strage di coppie uccise in Toscana a cavallo fra gli anni Sessanta e Ottanta. Con donne e ragazze orribilmente mutilate per ricavarne sciagurati trofei. È morto a novantatré anni, Giampiero Vigilanti Da quattro era ospite di Casa di Marta, residenza assistita per anziani. Da quando la moglie chiese la separazione da quel patriarca che in vecchiaia lei accusò di maltrattamenti.
Nella vicenda del mostro, Vigilanti sembrava giocare al gatto col topo con gli inquirenti. Aveva in astratto tutte le caratteristiche per essere lui il serial killer delle coppie. Per questo riceveva perquisizioni e sequestri, veniva indagato, ma non si trovava mai la prova decisiva per condurlo a processo. Nato a Vicchio, come Pacciani, di cui era coetaneo, e con cui ebbe subito dissidi, possedeva una Lancia sportiva del modello e colore di quella vista nei pressi di almeno uno dei luoghi in cui il mostro operò. Ed era amico dei Rontini, i genitori di Pia, una delle vittime più giovani. Inoltre, Vigilanti aveva un passato nella Legionestraniera e lo accompagnava la leggenda di una foto che nessuno ha mai visto e che lo ritraeva impugnando le teste di due vietnamiti.
Il 28 novembre 1994 era lunedì. Al Tirreno, pensammo di vederci più chiaro nella notizia, trapelata dagli ambienti giudiziari e pubblicata da giorni, che Vigilanti era di nuovo indagato e nella sua casa erano state sequestrate munizioni. Vederci chiaro significava parlare con lui. Rischiando il possibile. Ira, insulti, accidenti, porte in faccia e chissà. Col fotografo Massimiliano.Marraffa suonammo al campanello della casa al Cantiere.
La pagina del Tirreno Prato con l’intervista a Vigilanti del novembre 1994
Nel giardinetto, una gabbia a sbarre grosse. Dentro, un cane scuro, degno di quelle sbarre. Apre un sessantenne longilineo. È lui. Dico che vogliamo.offrirgli la possibilità di spiegarsi, visto che da tre giorni in città non si parla d’altro. E tutti lo stavano accusando. Apre il cancello, invita ad entrare, il cane allunga le narici fra le sbarre, ci sfiora. Non ha museruola. Entriamo. Foto di ambientazione militare alle pareti. Anche ritratti a carboncino di Mussolini. Ci accomodiamo a una tavola. Passano moglie e uno dei figli. Vigilanti si lascia fotografare, anche mentre mostra foto di lui, legionario in Indocina.
Ogni timore svanisce. Che errore, che pregiudizio. immaginare che un potenziale mostro si comporti per forza e sempre da mostro. Vigilanti è cortese, ma fermo. Non tradisce emozioni. Racconta la sua vita e sembra accentuare ogni possibile tratto che lo accosti al mostro. Nel 1985, perquisito dopo l’ultima coppia uccisa, le indagini a suo carico si fermarono agli indizi. Anche stavolta, nel 1994, a perquisirgli casa e a sequestrargli i proiettili è il maresciallo dei carabinieri Antonio Amore, il più convinto fra le forze dell’ordine della colpevolezza di Vigilanti. Però mai creduto o ascoltato fino in fondo. Quasi per sdrammatizzare Amore, entrato in casa, si reca dritto alla credenza ispezionata nove anni prima. “Anche stavolta, i proiettili li tiene qui?”.
Al cronista Vigilanti.spiega perché aveva quei proiettili calibro 23 che gli hanno appena sequestrato. Una banale lite di vicinato. Alibi perfetto. Ma subito dopo quasi lo smonta da solo, raccontando particolari che lo trasportano idealmente sulla scena del crimine. Dei delitti del mostro.
Un particolare del.Tirreno del 29 novembre 1994
Temevo un irascibile, innervosito sospettato, mi trovo davanti un narratore col difetto forse di troppa fantasia. Anche in quel 1994, come nove noi prima, gli indizi su Vigilanti non avranno seguito.
Un periodo nell’ombra e qualche anno dopo Vigilanti finirà sui rotocalchi – e in Tv da Enrico Ruggeri – raccontando la fantomatica eredità ricevuta da uno zio d’America. Colore. Poi, nel 2017 lo indagheranno di nuovo i magistrati di Firenze. Un’altra bolla di sapone. Tutti gli indizi, i particolari della sua vita risultati veri, ma mai bastati per inchiodarlo sono ancora lì, a catalogarlo anche ora che non c’è più, come potenziale mostro, nonostante l’opposta verità scaturita da indagini scaglionte in quattro decenni. Forse Vigilanti era solo un istrione, dispensatore di verità che sembravano bugie. Bugie apparenti che alla prova dei fatti risulteranno reali. Reali, ma non reati.