14 Ottobre 2014

Gli amici dei musei si mobilitano per riportare a Prato le opere della Galleria degli Alberti


L’associazione pratese amici dei musei e dei beni ambientali ha inoltrato nei giorni scorsi alla competente Soprintendenza ai beni artistici e storici per la Provincia di Prato, una formale istanza per il riconoscimento del vincolo di sede per le opere d’arte facenti parte della Galleria di Palazzo degli Alberti di proprietà della Banca Popolare di Vicenza.
La Popolare di Vicenza con l’incorporazione per fusione della Cassa di Risparmio di Prato, avvenuta tre anni fa, è divenuta proprietaria di tutti i beni artistici costituenti la Galleria di Palazzo degli Alberti. Molte delle opere un tempo esposte a Prato hanno da allora cominciato a girare per mostre itineranti e solo recentemente sono rientrate in città, in occasione della mostra temporanea “Capolavori che si incontrano” inaugurata e ospitata a Palazzo Pretorio. “La proprietà non ha mai voluto riconoscere lo stretto legame, da sempre esistente, tra la Galleria e il Palazzo che la ha ospitata fin dalla sua creazione, sentendosi autorizzata a poterne disporre a suo piacimento senza alcun vincolo di sede – spiega il presidente degi amici dei musei Giorgio Arter –
Come confermato da una sentenza dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato e, recentemente, da un parere dell’Ufficio legale del M.I.B.A.C., interpellato specificatamente sulla questione, la Galleria di Palazzo degli Alberti, poiché creata da un soggetto all’epoca di diritto pubblico (tale era la Cassa di Risparmio di Prato prima della riforma Amato dell’anno 1990) non può essere smembrata né trasferita altrove poiché strettamente legata alla sua sede originaria e al territorio della città di Prato da un vincolo storico-artistico.
La nostra iniziativa – prosegue Arter – non vuole essere un atto di ostilità nei confronti di nessuno, né tantomeno un tentativo di disconoscimento dell’effettiva proprietà, unanimemente riconosciuta in capo alla Banca. Dopo aver analizzato nei mesi scorsi il fervente dibattito in corso sulla questione, presente anche su molti quotidiani locali, ci siamo convinti che dovevamo fare qualcosa per evitare la dispersione di un patrimonio artistico che rappresenta un pezzo di storia della nostra città, che è stato pensato modellandolo appositamente per essa e che non avrebbe lo stesso significato se trasferito altrove.
Davanti al silenzio di altri soggetti, come noi titolati a rappresentare, se pur con competenze e modalità diverse, le istanze della collettività, abbiamo dedotto che l’unica cosa da fare per assicurare alla nostra comunità la fruibilità della Collezione, così come da sempre è stato, era far riconoscere dall’autorità competente il suo stretto legame con il nostro territorio”.

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