18 Novembre 2024

Omicidio Said, chiesti 18 anni per l’imputato. Il giudice ascolterà un altro testimone

La vittima secondo l'accusa fu uccisa al culmine di una lite. Il corpo poi trasportato in uno stabile abbandonato e dato alle fiamme


Slitta alla prossima udienza la sentenza per l’omicidio di Said Jaador, il 36enne tunisino, scomparso il 18 aprile 2023 e trovato cadavere, parzialmente abbruciato, in uno stabile abbandonato di via San Paolo tre settimane dopo. A processo con rito abbreviato c’è Abdelhadi Hajjaj, 51enne marocchino, coinquilino in subaffitto della vittima, per il quale la Procura ha chiesto 18 anni di reclusione per omicidio volontario. L’uomo, assistito dall’avvocato Enrico Martini, si è sempre proclamato innocente. Nell’udienza preliminare si è discussa anche la posizione di un 56enne italiano, affittuario della casa in cui vivevano i due nordafricani, accusato di aver aiutato Hajjaj a nascondere il cadavere di Said.
Nell’udienza di oggi, in cui era attesa la sentenza, il gip Malerba ha ritenuto di ascoltare un altro testimone, un carabiniere che sarà convocato per riferire su un sopralluogo effettuato nello stabile nei giorni successivi alla scomparsa di Said, quando secondo l’accusa il corpo doveva già essere stato occultato nell’ex fabbrica. Le ricerche in quella circostanza dettero esito negativo e il cadavere fu trovato soltanto diversi giorni dopo, il 9 maggio. Del caso, sulla scorta della denuncia di scomparsa dell’ex moglie di Said, si occupò anche “Chi l’ha visto?”. La donna ed altri familiari in Marocco avevano ricevuto messaggi al cellulare con misteriose foto di terreni e case abbandonate dove cercarlo.
Secondo gli investigatori della squadra mobile, che ha passato al vaglio tabulati e intercettazioni telefoniche e ha ascoltato diversi testimoni, l’omicidio sarebbe maturato al culmine di una lite nella stanza in cui entrambi vivevano: Said accusava Abdelhadi di aver intascato il provento di una rapina ad un cittadino cinese, anziché spartirlo. Il complice avrebbe ribattuto che di soldi nella borsa rubata non ce n’erano.
Secondo l’autopsia la vittima sarebbe morta in conseguenza di traumi multipli, tra cui fratture al cranio compatibili con percosse con un oggetto contundente, mai ritrovato. Il cadavere – sempre secondo l’accusa – fu poi trasportato nello stabile abbandonato e qui dato alle fiamme nel tentativo, non riuscito, di distruggere ogni traccia del delitto. Il corpo di Said, parzialmente bruciato, fu riconosciuto anche per la presenza di alcuni tatuaggi.