“E’ profondamente ingiusto che le aziende del settore moda debbano restituire le somme di un credito d’imposta acquisito secondo le interpretazioni normative allora ufficializzate, cambiate poi retroattivamente”: così Francesco Marini, presidente della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord, commenta la vicenda che prende le mosse dalla maturazione del credito d’imposta per ricerca e sviluppo degli anni 2015-2019.
La vicenda, già denunciata in passato dagli industriali ai tavoli nazionali, inizia nel 2016, quando una circolare dell’Agenzia delle entrate chiariva che il beneficio includeva anche, per il settore moda, la ricerca finalizzata all’ideazione estetica e alla realizzazione di nuove collezioni; le aziende si sono quindi mosse di conseguenza, utilizzando il credito. Ma nel 2022, dopo ben tre anni dall’ultimo periodo agevolato – quindi con ampia e chiara retroattività – queste tipologie di spese venivano escluse e non potevano quindi generare più credito di imposta. Le aziende che avevano già utilizzato il credito di imposta si sono trovate quindi in una posizione legalmente delicata; dopo ripetuti tentativi di trovare delle soluzioni, la moda e solo la moda, a differenza di altri settori, è rimasta impigliata nell’obbligo di restituzione delle somme portate a credito.
Una vicenda complicata, che vede da un lato il cosiddetto manuale di Frascati – che circoscrive il concetto di ricerca ad attività che vadano a incidere su sviluppi tecnologicamente rilevanti – ma dall’altra un principio giuridicamente fondamentale e ineludibile come la certezza del diritto, che esclude la retroattività delle interpretazioni delle norme.
Nella sostanza, le aziende avrebbero la facoltà entro oggi, 31 ottobre di autodenunciare l’utilizzazione – indebita secondo le interpretazioni retroattive – del credito di imposta e restituirlo in tre rate in altrettante annualità; in cambio, riceverebbero una compensazione dai contorni ancora indefiniti e comunque di modesta entità.
“Non è possibile effettuare una ricognizione per capire quanto questa vicenda incida sul nostro territorio – conclude Marini -. Comunque di certo è una vera e propria mazzata, tanto più in un momento così difficile per il settore. E’ presumibile che le aziende interessate siano delle centinaia, perché agevolazioni come quella 2015-2019 per ricerca e sviluppo hanno avuto molto seguito. Sappiamo per certo che per alcune aziende le somme in gioco sono a sei cifre, abbastanza per destabilizzare molti bilanci, in questi tempi. Una vera assurdità anche nel merito: se alla moda si precludono agevolazioni per l’ideazione estetica, vale a dire per la creazione delle collezioni, rimane veramente poco. Allora diciamolo che la moda, che per il nostro Paese rappresenta il secondo settore per l’export, non interessa! L’Italia tratta così un settore che è da sempre la sua miniera d’oro, l’emblema stesso del made in Italy. Come Confindustria Toscana Nord abbiamo portato la vicenda al tavolo di distretto e l’abbiamo ripetutamente rappresentata ai parlamentari eletti nella nostra area, senza esiti. I nostri uffici hanno fatto, fanno e faranno consulenza alle aziende per istruirle al meglio, in considerazione della specifica posizione di ognuna rispetto alle norme e interpretazioni. Una vicenda, questa, che lascia davvero l’amaro in bocca”.