22 Ottobre 2024

Inchiesta corruzione, Turini torna in libertà dopo 5 mesi di arresti: “Incommensurabile tristezza”

L'ex comandante della compagnia dei carabinieri di Prato ha concordato con i pm una condanna a 1.500 ore di lavori socialmente utili. Lo fa sapere Turini stesso in un comunicato


L’ex comandante dei carabinieri di Prato, il tenente colonnello Sergio Turini, ha trovato l’accordo con la procura per una condanna a 1.500 ore di lavori socialmente utili nell’ambito dell’inchiesta per corruzione che lo vede indagato con l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci e l’investigatore privato Roberto Moretti. Lo fa sapere lo stesso Turini, annunciando di essere tornato in libertà dopo cinque mesi di arresti, in una lettera affidata alla sua difesa per la divulgazione ai media. Il gip di Firenze, dove è radicato il procedimento, sarà chiamato a decidere sul punto: l’udienza deve ancora essere fissata.  “Ho deciso di affrontare il giudizio immediato chiedendo il patteggiamento per le ipotesi che mi sono state contestate. La proposta, che ha ricevuto il parere favorevole dei pubblici ministeri, prevede lo svolgimento di circa 1.500 ore di lavoro di pubblica utilità sostitutivo” della pena, “oltre alla restituzione del prezzo del reato di poco superiore ai 5.000 euro (pari ad una quota del viaggio e il contro valore di due bottiglie di vino “Masseto”). Si tratta di una decisione consapevole, perché mi è stato spiegato cosa significa seguire le vie ordinarie. Rimane, tuttavia, una incommensurabile tristezza”. Turini nella stessa missiva spiega che “oggi” 21 ottobre 2024 “sono tornato in libertà, dopo quasi cinque mesi di custodia cautelare preventiva, di cui 25 giorni passati in carcere a Prato”, gli altri ai domiciliari con braccialetto elettronico. “Dopo 37 anni a servizio dell’Arma dei Carabinieri – conclude -, questa è stata l’esperienza più inaspettata e dolorosa della mia vita. Inaspettata, perché immaginavo il carcere come un’entità lontanissima da me, destinata a tutti coloro che si fossero resi responsabili di gravi fatti ‘di criminalità organizzata’ o ‘di sangue’, o ‘di violenza domestica’”, “fatti – continua -, con cui, purtroppo, mi sono confrontato quotidianamente durante il mio impegno nell’Arma, da quando ero maresciallo sino a diventare tenente colonnello. Dolorosa, perché mi ha privato della libertà, anche di fare quelle cose più scontate e modeste, che, poi, finiscono per mancarti, irrimediabilmente, come quella di conversare con tuo figlio sulle cose di ogni giorno. Per l’umanità e il sostegno, non smetterò mai di ringraziare la polizia penitenziaria”. “Adesso – conclude – affronterò, con responsabilità, i prossimi passaggi”.