17 Ottobre 2024

Anche il procuratore di Prato Luca Tescaroli fra i 46 magistrati “spiati” dall’hacker arrestato a Roma

Secondo la Procura di Napoli l'obiettivo del giovane informatico era acquisire dati sensibili da vendere, forse dietro committenza


C’è anche il procuratore di Prato Luca Tescaroli fra i 46 magistrati inquirenti “spiati” dall’hacker siciliano di 24 anni arrestato il 1 ottobre scorso a Roma, nell’ambito di un’inchiesta dalla Procura di Napoli. Secondo quanto emerso dalle indagini, il giovane esperto informatico aveva copiato sui suoi dispositivi l’intero data-base utenti del Ministero della Giustizia, dal quale ha poi estrapolato le password di 46 pubblici ministeri di mezza Italia, tra cui anche quelle dei procuratori di Napoli, Perugia, Firenze e Prato. Particolarmente “attenzionati” gli uffici giudiziari del capoluogo toscano, dove Tescaroli prestava servizio fino alla scorsa estate e dove una ventina di pubblici ministeri sono stati “hackerati”.

Il legale dell’hascker, l’avvocato Gioacchino Genchi, ha depositato una memoria al Tribunale del Riesame, nella quale si sottolinea che il suo assistito “oltre agli accessi ai server e alle email della Guardia di Finanza, della Tim, della Leonardo e di altre aziende che operano nel settore delle infrastrutture informatiche istituzionali”, ha poi acceduto alle caselle email personali di una quantità di magistrati inquirenti, da Gela a Brescia, passando per Perugia, Roma e naturalmente Napoli, a cominciare da Gratteri che però, ha ammesso lo stesso indagato, faceva scarso uso di quella mail e preferiva “canali di comunicazione più sicuri per lo scambio di informazioni riguardanti indagini importanti e assai riservate”, fin da quando era in servizio in Calabria.

L’hacker arrestato aveva a disposizione, ha detto Genchi all’ANSA, tutte le caselle mail usate per trasmettere le notizie di reato, gli ordini di fermo, le misure cautelari e i decreti di intercettazione di tutte le procure e le Dda d’Italia”. Per Genchi, in sostanza, se l’hacker “fosse stato un criminale avrebbe potuto mandare veramente in tilt il sistema Giustizia italiano. Ma non l’ha fatto: gli unici dati che ha visto sono quelli che lo riguardano, ossessionato e preoccupato com’era delle indagini sul suo conto”.

Una ricostruzione dei fatti su cui però non è d’accordo la Procura di Napoli per la quale l’obiettivo dell’indagato era acquisire dati sensibili da vendere, ritenendo possibile l’eventualità che l’hacker 24enne abbia potuto rispondere alle sollecitazioni di qualche committente.