20 Luglio 2024

Vi raccontiamo la nostra estate in celle strette e sovraffollate. Il grido d’allarme dei detenuti

Sul settimanale Toscana Oggi sono state pubblicate sei testimonianze, inviate tramite il cappellano della Dogaia don Enzo Pacini


«Il periodo estivo è quello più lungo da passare in prigione perché le giornate sono lunghe, fa un caldo infernale, non ci sono ventilatori, la cella è piccolissima e noi siamo in tre persone». A scriverlo è Cristiano, 52 anni, detenuto nel carcere della Dogaia di Prato. Insieme ad altri cinque carcerati ha preso carta e penna per scrivere delle brevi, ma significative testimonianze al settimanale Toscana Oggi su cosa significa passare l’estate in carcere.

Le lettere sono arrivate in redazione tramite don Enzo Pacini, cappellano della Dogaia, che si è fatto interprete di questo forte disagio che i detenuti gli rappresentano nei colloqui di questo periodo. «In luglio e agosto si sta peggio degli altri mesi – spiega il Cappellano – ci sono temperature estreme durante il giorno e anche la notte e la vita è concentrata nel piccolo spazio della cella, al massimo del corridoio». Un altro problema, rappresentato dai detenuti, è quello della chiusura delle celle alle 18,45 e la successiva riapertura alle 8 del mattino dopo. «Vorrei chiedere al Ministero della Giustizia, al direttore del carcere, di chiudere in estate la cella almeno un’ora più tardi, verso le 7,30 di sera, così da poter lasciare più tempo le porte aperte e far entrare più aria», scrive Jerry, di nazionalità nigeriana.

 

 

Le calde giornate poi sono rese ancora più lunghe dalla mancanza, nel periodo estivo, di qualsiasi tipo di attività, «non c’è la scuola – si legge ancora nella lettera di Cristiano – non ci sono i corsi di rieducazione, la biblioteca è sempre chiusa e non sappiamo cosa fare. La noia ti prende ed il tempo sembra non passare mai».

La garante dei detenuti della Dogaia, Margherita Michelini, conferma la difficile situazione che si vive in carcere durante i mesi caldi: «anche io ho fatto i colloqui in una stanza senza condizionatori e stavo quasi per sentirmi male. Anche a me hanno rappresentato il disagio di dover rientrare in cella alle 18,45 e di essere costretti a starci fino al mattino successivo. Proprio nelle ore più fresche, quando sarebbe più logico fare la cosiddetta “aria”. Ma di notte c’è pochissima sorveglianza e non credo che questa organizzazione, almeno per il momento possa cambiare».

Abbiamo chiesto alla Garante se fosse possibile donare dei ventilatori ai detenuti: «Certamente, chi li ha è perché ha modo di comprarli, non sono vietati». Ne abbiamo parlato anche con il cappellano don Enzo Pacini, il quale sottolinea che l’iniziativa è fattibile, ma occorre pensarla e organizzarla con un certo criterio, in molte sezioni gli impianti non reggono, per questo la cosa migliore è quella di informarsi con la direzione ed eventualmente lanciare una campagna per acquistare dei ventilatori adatti al carcere. «Molti pensano che il carcere non debba essere un luogo molto comodo, però mi pare che avere almeno un ventilatore per combattere il caldo estremo sia una concessione doverosa. E poi – conclude don Enzo – può essere utile anche per abbassare quella tensione che non a caso scoppia nei mesi estivi, quando è più alto il rischio dei suicidi».

Pubblichiamo la lettera scritta da Cristiano, 52 anni, detenuto alla Dogaia. Non conosciamo il motivo della sua detenzione, né se è all’inizio o alla fine della sua pena, l’unica certezza è che la condanna inflitta da un tribunale non prevede la disumanità di trattamento.

Il periodo estivo è quello più lungo da passare in prigione perché le giornate sono lunghe, viene buio la sera alle 9,30 ma noi purtroppo ci chiudono in cella alle 6,45 e non ci resta che metterci sul letto. Cerchiamo di distrarci guardando la televisione, una partita di calcio o un film, ma fa un caldo infernale, non ci sono ventilatori, la cella è piccolissima e noi siamo in tre persone.

Io sono al quarto piano, sottotetto. Ci picchia il sole tutto il giorno e la sera in cella ci saranno 40 gradi. Il caldo ci logora e in più ci si mettono anche le zanzare a rompere!

Nel periodo estivo tutte le attività si fermano, non c’è la scuola, non ci sono i corsi di rieducazione, la biblioteca è sempre chiusa e non sappiamo cosa fare. La noia ti prende ed il tempo sembra non passare mai. Non ci resta altro che pensare ai bei tempi quando eravamo liberi e quanto è importante la libertà. La mattina alle 9 andiamo all’aria un’ora e mezza, ma alle 11 siamo già in cella ad aspettare il vitto. Io scendo all’aria anche il pomeriggio alle 13 ma molti miei compagni rimangono in sezione perché all’aria fa già caldissimo e preferiscono giocare a carte in saletta. La saletta è molto animata, c’è chi gioca a dama, chi a burraco, chi a briscola e poi ci sono quelli che non giocano e stanno dietro a fare i tuttologhi. Il sabato alle 10,30 c’è la messa e don Enzo con molta pazienza ascolta tutte le nostre richieste. Io vorrei poter andare in chiesa almeno un paio di volte a settimana a pregare. Nel silenzio. Quest’anno nel periodo estivo, forse, don Andrea riesce a farci un’ora di catechismo il venerdì. Speriamo.

Poi ci sono i colloqui una volta a settimana con i nostri familiari e questo ci aiuta tanto a tirarci su di morale. Mi spiace tanto per quelli che non hanno nessuno. C’è anche il campo di calcio, sotto il sole cocente, dove possiamo andare a giocare per un’ora e mezza, ma solo una volta a settimana. Io non gioco ma passeggio con alcuni compagni, lungo il perimetro del campo.

Ma allora, come la passiamo l’estate? C’è chi prende il caffè in cella da un amico, c’è chi cerca di fare la doccia ma manca sempre l’acqua, c’è chi prepara una torta, un altro che discute in corridoio. Ma tanti combattiamo contro lo stesso nemico: la noia, il caldo che ci toglie il respiro, le zanzare.

Ma con grande speranza che anche questa estate finirà e presto riabbracceremo finalmente i nostri cari.