Un 27enne italiano, detenuto nel carcere della Dogaia, si è suicidato impiccandosi. È successo sabato sera verso le 19, mentre l’uomo era da solo in cella. Il 27enne è stato trovato agonizzante dagli agenti di polizia penitenziaria. Soccorso e trasportato in ospedale è deceduto poco dopo. L’uomo qualche mese fa non aveva fatto rientro alla Dogaia dopo un permesso. Rintracciato, era stato denunciato per evasione. Pluripregiudicato, avrebbe finito d scontare la pena nel 2032. Si tratta del secondo caso di suicidio dall’inizio dell’anno nel carcere pratese, del 60esimo nel 2024 a livello nazionale, ai quali si aggiungono anche i 6 suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria.
“È un fatto lacerante che ci invita tutti a riflettere e ad agire. Perché la pena non può inficiare la dignità umana. Dobbiamo andare avanti con le proposte politiche in Parlamento affinché le carceri non siano più un non-luogo e i detenuti delle persone meno persone degli altri – ha detto la deputata pratese di Forza Italia Erica Mazzetti – Ovviamente si deve fare di più anche per tutti coloro che operano nelle carceri e garantiscono la sicurezza spesso in condizioni estreme”.
Sulla tragedia è intervenuto anche il garante regionale dei detenuti Giuseppe Fanfani, che ha espresso rabbia, sconcerto e un accorato appello a “metter mano a riforme strutturali che allontanino il pianto dalle nostre carceri”.
“È una strage infinita, una vergogna generale” ha detto il il garante, che ha aggiunto: “Nelle carceri italiane il sovraffollamento, per assurdo, diventa marginale. Manca di tutto. Soprattutto manca il rispetto del dettato costituzionale secondo il quale la pena deve rispondere a criteri di umanità e deve tendere alla rieducazione”.
Per il Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria “Questo ulteriore suicidio deve far riflettere sulla condizione in cui vivono i detenuti e su quella in cui è costretto ad operare il personale di polizia penitenziaria”. Per il sindacato servono immediatamente provvedimenti concreti e risolutivi: espulsioni dei detenuti stranieri, invio dei tossicodipendenti in comunità di recupero e di quelli psichiatrici nelle Rems o strutture analoghe. Sempre per il sappe “Non è più rinviabile una riforma strutturale del sistema, anche ipotizzando eventualmente di ridurre il numero di reati per cui sia previsto il carcere e, conseguentemente, implementare delle pene alternative alla detenzione ed avviare una efficace struttura che consenta la loro gestione sul territorio”.
Interventi urgenti sono richiesti anche dalla Uilpa. Alla Dogaia, poche ore prima del suicidio del 27enne, una ventina di detenuti avevano messo in atto un tentativo di rivolta sedato a fatica dopo ore di mediazione.
I disagi riguardano tutti coloro che operano presso il carcere di Prato, compresi gli infermieri, costretti a condizioni disumane di lavoro a causa dell’assenza di condizionatori nei locali infermeria. “Sono costretti a lavorare in locali dove oggi la temperatura interna ha raggiunto quasi 35 gradi” riferisce Roberto Cesario del Nursind, che lo scorso 12 luglio ha scritto alla direzione generale per porre il problema, senza ad oggi ricevere risposta. La Asl Toscana Centro, informata della questione dallo stesso Cesario, si è impegnata facendo istallare dei condizionatori portatili in alcuni locali dove sono custoditi i farmaci. Una misura comunque insufficiente secondo il Nursind perché ci sono “altri locali dove i farmaci raggiungono temperature ben oltre il consentito”.