7 Aprile 2024

Tetto agli alunni stranieri? Santi; “Valditara venga a Prato”. Pieri: “Dissi no anche alla Gelmini”

L'assessore in carica Ilaria Santi invita il ministro a Prato "per modellare le legge sulla nostra realtà complessa", Rita Pieri, che fu assessore fino a 10 anni fa: "Nella scuola siamo unici, non possono porci limiti"


E’ ancora vivo a Prato – e non solo – il dibattito scaturito dopo l’annuncio del ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara di porre un tetto al numero di alunni stranieri nelle singole classi delle scuole italiane. La percentuale ipotizzata dal rappresentante del governo è del 20%, con spalmatura della parte eccedente in altre classi della medesima scuola o altri istituti del territorio. 

La reazione di Prato è stata forte e unanime: questa città – e la relativa provincia –  non sono in grado di sostenere un tetto, considerando che la percentuale di alunni stranieri ragiunge in alcuni istituti addirittura il 60% degli iscritti. Ne parliamo con  due “Pratesi della domenica” molto speciali e che hanno governato in periodi diversi il difficile settore della scuola pratese: Ilaria Santi assessore della giunta di centrosinistra, che sarà guidata da Matteo Biffoni fino all’indomani del voto aministrativo di giugno. E Rita  Pieri, che guidò lo stesso assessorato fra il 2009 e il 2014 come componente dela giunta di centrodestra guidata da Roberto Cenni.

Ecco le loro opinioni a confronto,

Ilaria Santi

Ilaria Santi: “Ministro, alla scuola Guasti, ascolterà 18 inni nazionali”

“Roma non può limitarsi a mettere tetti. Deve prima prendere atto della realtà del Paese. A Prato abbiamo punte del 60% di alunni di origine straniera, ma si tratta di bimbi di seconda generazione, nati qui. Il ministro Valditara venga a prendere atto di quali sono le condizioni in cui opera la scuola di Prato. Magari proprio da qui potrà scrivere il testo della norma sulla composizione delle future classi”.

Così Ilaria Santi, assessore sull’istruzione della giunta Biffoni, in carica fino al voto del prossimo giugno, riguardo all’ipotesi avanzata dal ministro Valditara di foissare il tetto massimo del 20% alla presentza di alunni stranieri nelle classi.

Assessore, quindi lei invita il ministro a visitare la realtà pratese.

“Certamente, potremmo organizzare un tavolo concreto da porre come base della  nuova legge nazionale. Da nessun’altra parte, come qui, Valditara incontreretebbe un modello già attivo e che abbia raggiunto eccellenti livelli per inclusione e convivenza, al di là di numeri e percentuali. Il ministro può informarsi da Rossano Sasso, leghista, sottosegretario all’istruzione durante il primo governo Conte, con cui instaurammo un positivo dialogo, Se Valditara verrà a Prato lo accompagnero a visitare la scuola primaria Guasti, dove nelle occasioni ufficiali si eseguomo ben 18 inni nazionali, tanti quanti a paesi di provenienza dei bambini iscritti”.

La maggior parte dei bimbi “stranieri” oggi nelle aule, sono nati  a Prato.

“Il ministro parla di ‘stranieri’, ma i nostri, con punte come detto del 60% nella primaria, sono nati a Prato, sono stranieri di seconda generazione. Se fosse riconosciuto lo ius soli, sarebbero italiani con cognome straniero. Ma italiani”.

Cosa chiede al ministro?

“Invece di pensare ai tetti, prenda atto della realtà e fornisca i sostegni che aspettiamo da tempo”.

Quali?

“Investire nell’ingresso nelle scuole del personale facente parte delle delle classi di concorso A023, sigla che comprende docenti laureati da destinare al potenziamento linguistico degli alunni con background migratorio”.

Quali vantaggi ne deriverebbe Prato?

“Con un docente A023 in ogni istituto comprensivo noi tireremmo un sospiro di sollievo: si tratta di insegnanti destinati a lavorare con gli alunni di origine straniera, ad orari alternati. Grazie a loro, lo Stato si accollerebbe il lavoro che oggi sta svolgendo il Comune di Prato che tramite l’Ufficio immigrazione  invia mediatori culturali nelle scuole. Un ruolo che ricopriamo da anni:  prima di me lo aveavno disposto già le assessore Maria Grazia Ciambellotti e Rita Pieri”.

L’inserimento di A023 sarebbe una soluzione definitiva, nella scuola italiana del “precariato stabile”.

“Una soluzione in grado di dare certezze alla scuola pratese e alla scuola in generale. Le confesso che se un ministro mi offrisse 200mila euro come musira una tantum, attintsa dal Pnrr, rifiuterei pur doi avere in cambio di soluzioni strutturali, definitive, come appunto l’acquisizione di personale formato per la nedizione culturale e linguistica. Non è con erogazioni spot, destinate a non ripetersi, con progetti che decadono e coi tagli al personale che si risolvono i problemi della scuola”.

A quali tagli di personale si riferisce?

“A quelli determinati applicando il criterio della proporzione fra numero di alunni e numero di insegnanti sul quale si va insistendo. Non vale a intercettare la complessità della scuola di oggi. Il criterio quantitativo è superato anche a causa dei flussi migratori”.

 

 In che senso?

“Possiamo programmare il lavoro quanto si voglia,  ma come far fronte al fenomeno dei bimbi che arrivano ad anno scolastico in corso? Sono moltissimi. Le esigenze delle famiglie prescindono dalla compatibilità con la programmazione dell’anno scolastico e col criterio numerico docenti-alunni. La società cambia di continuo, la scuola dev’essere pronta a far fronte ai cambiamenti”.

 

Rita Pieri 

Rita Pieri; “Dissi no anche alla ministra del mio partito”

“Un provvedimento per limitare le presenze di studenti stranieri nelle classi fu assunto già all’epoca in cui ministro  dell’istruzione era Maria Stella Gelmini. Io, pur appartenendo al suo stesso partito, Forza Italia, mi schierai dalla parte  di Prato: nella nostra realtà, che conta il numero di alunni stranieri più elevato d’Italia rispetto alla popolazione residente, non sarebbe stato possibile applicare le percentuali ipotizzate dal Ministero”. 

Rita Pieri, assessore all’istruzione del Comune di Prato nel quinquennio 2009-14, con Roberto Cenni sindaco, ricorda come la città reagì al  precedente tentativo di un governo di distribuire la presenza di alunni stranieri nelle classi.  

Il governo concesse una deroga al tetto, per Prato. 

“Infatti. I criteri di limitazione della percentuale di stranieri nelle aule non potevano applicarsi qui per due motivi: primo, perché il numero di stranieri è elevatissimo, secondo perché la quasi totalità dei  bambini della primaria è nata a Prato, parla almeno parzialmente italiano dalla nascita, difficilmente potrebbe esser  classificata come straniera”. 

Se fosse riconosciuto lo ius soli, quei bambini sarebbero alunni italiani. 

“Appunto ed io mi impegnai a far estendere la deroga anche agli istituti paritari perché l’inclusione sia possibile ad ogni  livello. Avevo presente l’esperienza di una scuola paritaria come San Niccolò, che accoglie numerosissimi bambini di  famiglie cinesi”. 

Lei condiviode l’obettivo del ministro di limitare la presenza di stranieri nelle classi? 

“In generale, sì, per evitare ‘ghetti’ di classi composte quasi esclusivamente da stranieri: tal caso, i ragazzi non  coglierebbero la grande opportunità di inclusione rappresentata dalla scuola. Dico in generale, perché Prato ha  caratteristiche che la rendono unica. Ed inapplicabili leggi modellate sulla situazione generale. Lo scopo della scuola è  un altro”.

Quale? 

“In Italia, vivaddio, si va a scuola obbligatoriamente fino a 16 anni e la scuola per svolgere il suo compito di istruire, educare, includere dev’essere un luogo che sviluppa armonia. Funziona se tutti – insegnanti, alunni, corpo non docente  – dialogano fra loro. Per riuscirvi è necessario investire sull’insegnamento della lingua.  non è con criteri esclusivamente numerici che si pongono le condizioni di una scuola che  funziona”.

 

disegno di Marco Milanesi