Stefano Betti: “La Fonte e Vaporizzo Lia: scambio di azioni e unione di forze. La Prato che si aggrega”
Rivoluzionario accordo: creata una rete (aperta ad altre aziende), per sconti sugli acquisti, miglior welfare aziendale, distacco di lavoratori. Come farne parte
Tradizione vuole che un’azienda pratese con due soci, prima o poi – più prima che poi – si separi in due ditte individuali. La scissione dell’atomo applicata alla realtà e al diritto societario. Fa quindi notizia che due imprese in contoterzi abbiano deciso di condividere quote di capitale e assieme ad esse anche parte dei rispettivi percorsi e destini. Si tratta della Lavatura industrialeLa Fonte spa e del Vaporizzo Lia srl. Da inizio 2024 hanno dato vita a una forma di aggregazione che vede coinvolto direttamente l’assetto societario. Nel panorama tradizionalmente individualista del tessile pratese la loro iniziativa rappresenta una piccola rivoluzione copernicana, che potrebbe rappresentare un modello cui ispirarsi.
Stefano Betti, 64 anni, titolare del Vaporizzo Lia srl, ne parla a Pratesi della domenica. Betti ha ricoperto vari incarichi in Cna ed è stato vicepresidente del cda della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato (di cui è socio) ed ha presieduto l’associazione Pratofutura. Il Vaporizzo Lia ricevette lo Stefanino d’oro nel 2012/2013.
In cosa consiste l’aggregazione fra La Fonte e il Vaporizzo Lia?
“Tecnicamente, la Fonte ha acquisto il 10% di Vaporizzo Lia srl e Vaporizzo Lia ha acquistato il 10% delle azioni di La Fonte. Io sono entrato a far parte del consiglio di amministrazione di La Fonte e Vaporizzo Lia ha creato a sua volta il cda, che non aveva, contando finora un’unica figura decisionale, aprendolo a Simone Paci, in rappresentanza di La Fonte”.
La stipula dell’accordo: da sinistra Stefano Betti, Nicola Raggioli, consulente di Cna, Costantino Betti, Paolo Cirri, Simone Paci e il commercialista Leonardo Mazzoni
Come siete arrivati a questo passo? Per convinzione o per convenienza?
“Si tratta di due aziende in piena salute, non concorrenti. La Fonte tratta tessuti, il Vaporizzo Lia filati. La prima ha oltre mezzo secolo di vita, è iscritta a Confindustria, ha sessanta dipendenti e una gestione giunta alla seconda generazione, con i fratelli Simone e Roberto Paci e Paolo e Gianluca Cirri. Noi siamo iscritti alla Cna, abbiamo 28 addetti e operiamo da una quarantina d’anni, essendo partiti dalla gestione pressoché familiare fra mio padre e il socio Giuseppe Gattai, marito di Lia, cui l’azienda deve il nome. A Gattai subentrai io nel 1983. Oggi ho a fianco mio figlio Costantino, di 27 anni. Ad unire le imprese è la reciproca stima fra persone, che condividono i valori fondanti dell’impresa: etica, correttezza, consapevolezza della funzione sociale. Per rispondere alla domanda, ha prevalso la convinzione di mettere a disposizione del partner le rispettive esperienze, rispetto a ogni valutazione economica”.
Com’è scattata la scintilla?
“Frequentando Pratofutura, di cui Simone Paci, Paolo Cirri ed io siamo soci. Fra i tanti spunti teorizzati da economisti, docenti universitari, esponenti di altri distretti italiani, l’aggregazione fra imprese era uno dei più stimolanti. E abbiamo deciso di trasformarlo in realtà fra due aziende solide, che hanno scelto liberamente, senza nessuna impellenza o necessità ravvicinata”.
Stefano Betti (quarto da sinistra) con il consiglio di Pratofutura
Ci saranno pure obiettivi economici.
“Certo. A partire dall’aumento del potere contrattuale derivante dal fare acquisti in gruppo e che abbiamo già sperimentato ad esempio con un contratto di noleggio a lungo termine di carrelli elevatori. Arriveremo a razionalizzare le forniture, a gestire più agevolmente capitoli come certificazioni di scopo e sostenibilità ambientale, spesso problematici per aziende con risorse umane limitate come le nostre”,
Riverberi per le maestranze?
“Ce ne saranno e tutti positivi, poiché nei nostri piani c’è l’accordo per un contratto di rete che consentirà il distacco dei dipendenti che daranno il consenso, gestendo come fossimo un’unica impresa i picchi e i cali di produzione. Limitando così il ricorso agli ammortizzatori”.
E sul welfare?
“Stiamo prendendo spunto ognuno dall’esperienza dell’altro, per migliorare il trattamento verso i collaboratori. Al Vaporizzo Lia abbiamo da tempo accordi triennali rivolti a garantire premi di produttività ad obiettivo. Dal 2023 abbiamo un regolamento welfare per corrispondere premi corrisposti in natura, per beneficiare della decontribuzione fiscale. A La Fonte sono più avanti, grazie alla piattaforma welfare che prevede premi spendibili in rette scolastiche, libri, accesso a case di cura oppure a cure termali, spa, vacanze e ad altri servizi. Anche al Vaporizzo Lia intendiamo estendere al personale questi vantaggi”.
Altre aziende potrebbero unirsi a voi per giovarsi dei benefici nell’acquisto di strumenti e nel welfare?
“E’ ciò che speriamo. Il nostro progetto di rete è avviato e sarà possibile prendervi spunto o aderirvi, restando soggetti autonomi”.
Soccorsi durante l’alluvione del novembre 2023 a Prato
A proposito di distacco dei dipendenti, durante l’alluvione di novembre lavoratori del Vaporizzo Lia erano impegnati negli aiuti alle famiglie colpite, assieme ai volontari.
“Non abbiamo riportato danni diretti, e neppure le case dei nostri collaboratori. Eravamo illesi, ma il lavoro scarseggiava a causa dei clienti colpiti e non in grado di inviarci i semilavorati da trattare. Così ho chiesto alle maestranze se accettassero di mettersi a disposizione di Protezione civile e associazioni di volontariato, per svolgere presso di loro i turni che altrimenti avrebbero coperto in fabbrica”.
Risultato?
“Quasi tutti hanno risposto positivamente: li ho armati di stivali, pala, tute monouso e tutto il mese, per diverse giornate hanno operato, soprattutto per conto dell’associazione Stremao: le donne a preparare pacchi con il cibo, gli operai a spalare, pulire scantinati, consentire a famiglie, negozi, laboratori di Prato e di Campi di riavvicinarsi alla vita normale”.
Quanto ha inciso, questo gesto di solidarietà, sul monte salari del Vaporizzo?
”Solo a novembre, per il 30%”.
Dopo la stiplula dell’accordo: si posa con i notai Laura Biagioli e Francesco De Luca
Anche La Fonte ha condiviso il vostro gesto?
“Nemmeno loro sono stati direttamente colpiti, ma alcuni lavoratori hanno riportato danni alle case, ricevendo aiuti dall’azienda. Inoltre, La Fonte ha lavato gratuitamente tessuti di clienti abituali e non solo, rimasti sommersi dall’acqua o dal fango”.
Cos’è cambiato, nella vita delle vostre aziende, nei primi mesi dopo l’aggregazione?
“Parlo per me. A sessantaquattro anni mi sono trovato per la prima volta a deliberare con altri. Di Simone Paci ho apprezzato la rapidità di decisione, rispetto ai tempi che mi concedo io. Al di là di questo particolare, risponde al vero l’adagio che recita: da soli si va più veloci, insieme si va più lontano”.
“No. E non solo per le differenti dimensioni e natura delle aziende. Noi siamo terzisti, figure lontanissime dal mercato finale, unica condizione in grado di determinare l’aumento dei margini nei ricavi. Noi forniamo servizi, voliamo più basso, siamo un costo variabile per il cliente (se non ci sono ordini, non si paga) e garantiamo un valore aggiunto di professionalità ed esperienza nelle fasi specializzate. Difficile da raggiungere da chi abbia scelto la produzione verticale, interamente concentrata in azienda”.
La stipula dell’accordo del 2023 fra Beste e Holding Moda: Giovanni Santi e Matteo Santi con Claudio Rovere e Giulio Guasco
Ad esempio?
“Lanifici verticalizzati, a ciclo completo come Beste, Ricceri e Cofil si rivolgono anche a noi e ad altri terzisti La filiera ha sempre bisogno di specialisti di fase”.
Qualcuno che pensa di imitare il vostro modello ha chiesto consigli?
“Al momento qualche interesse c’è e siamo pronti ad ascoltare. Il nostro auspicio è formare una rete di imprese che, pur mantenendo la propria autonomia e magari non procedendo allo scambio di quote come abbiamo fatto noi e La Fonte, aderiscano a un contratto tramite il quale si raggiungano obiettivi in fatto di contrattualità, potere di acquisto e competitività, inimmaginabili con un numero limitato di soggetti partecipanti”.
Un modo per colmare il gap delle microaziende.
“Certo, restiamo micro, ma diventiamo più grandi e più forti unendoci nella rete”.
Un’azienda tessile del distretto di Prato
Come se la passa il tessile pratese?
“Dopo l’emergenza covid, nel 2022 c’è stata l’impennata nelle spese per l’effimero: viaggi, ristoranti, hotel, musica, sport e nella stessa moda, nonostante i costi energetici alle stelle, in parte integrati dai crediti di imposta. Quello slancio ora è terminato e non si è tornati ai consumi precedenti alla pandemia”.
Questo è avvenuto in tutto il mondo.
“A Prato ci si è messa anche l’alluvione di novembre, la 325 bloccata a lungo per frane. Il calo nelle vendite accusato dai grossi brand che acquistano tessuti e filati dai nostri clienti, si riverbera a cascata su noi terzisti”.
Il tessile attrae ancora i giovani pratesi?
“C’è un forte calo di interesse all’offerta nel tessile, ma non mi piace chi accusa i ragazzi di essere fannulloni. Durante l’alluvione, hanno offerto un ggrande sempio di sensibilità e disponibilità, correndo in soccorso delle popolazioni colpite. Inoltre, molti giovani stanno spendendo la propria laurea in Francia, Germania, Stati Uniti e questo è indice di crescita”.
La realtà dice che molti non lavorano, non studiano, non cercano lavoro.
“Guardiamo cosa viene offerto loro: contratti a sei mesi, poche prospettive, occupazione di bassa qualità. Anziché criticarli, cerchiamo di migliorare queste condizioni”.
Come?
“Con lavoro stabile, responsabilizzazione, fidelizzazione all’impresa. L’attenzione che riceve la persona e l’ambiente di lavoro rappresentano un’attrattiva. Oltre ai citati premi di produttività, al Vaporizzo Lia quando va in pensione un collaboratore, creiamo il Massimo-day, il Lina-day eccetera come festa di congedo. Alla Fonte sono leggendarie le cene periodiche con tutti i dipendenti. Anche queste piccole attenzioni fFano sentire il dipendente importante e motivato”.
Il problema sta nel saldo: per giovani laureati che se ne vanno, Prato è punto di arrivo di stranieri destinati al massimo al manifatturiero.
“Il manifatturiero, specie a livelli di specializzazione, piccoli lotti, esisterà sempre: solo le grandi produzioni in serie sono demandabili alle macchine. In azienda ho un giovane senegalese che studiava matematica all’università nel suo paese e ciò rappresenta un valore aggiunto anche nelle sue mansioni di operaio”.
Gli stranieri-risorse.
“A Pratofutura qualche tempo fa fu ospite il direttore dell’Eco di Biella. Ci rivelò che là sono appena duemila gli stranieri censiti e che ciò è conseguenza dell’indisponibilità dei biellesi e dei piemontesi in genere all’accoglienza. Se Biella è in crisi è anche perché manca manodopera. Importante è che queste risorse siano impiegate legalmente, riconoscendo ogni diritto della persona e del lavoratore”.
I pratesi lo fanno.
“Sì, ma non tutti coloro che operano nel nostro territorio. Si assiste a imprese spesso gestite da cinesi, che impiegano connazionali oppure pakistani o bengalesi o maghrebini in condizioni di illegalità e stipendi da fame. Sa chi mi fa arrabbiare molto?”
Chi?
“Quelli che dicono che i cinesi sono come i pratesi di cinquanta o sessant’anni fa. Non è vero. I pratesi accoglievano migliaia di famiglie dal sud dando lavoro, possibilità di comprare casa, far studiare i figli. I cinesi, con l’illegalità diffusa, indirizzano anche la reputazione della città: se trent’anni fa a chi ci chiedeva da dove venissimo dovevamo precisare Prato, vicino a Firenze, oggi dobbiamo fronteggiare i sospetti e l’ironia di chi ci accosta al lavoro nero, allo sfruttamento, al disprezzo di ogni regola. Ai cinesi spesso non interessano le condizioni di vita di chi lavora per loro. Per favore, non accostateli più ai pratesi di una volta”.