Dal mancato ospedale al sottopasso: via Roma, la strada delle opere pubbliche difficili
L'intersezione con la Declassata spezza il quartiere. Di qua la mancata cittadella delle cure, di là parco e impianti sportivi
Era nata come la strada della cura per le persone. È diventata la strada della cura per l’ambiente. La parte iniziale di via Roma, cui Tv Prato ha dedicato un focus, appena fuori porta Santa Trinita ebbe il destino segnato dal nome del quartiere che attraversa: il Soccorso. E al soccorso, alla cura erano destinate le due più importanti opere pubbliche che vi hanno o avrebbero dovuto avervi sede: l’ospizio per anziani e l’ospedale. L’ospizio fu costruito all’incrocio con via Zarini e per decenni ha contraddistinto l’intera zona, assegnando alla strada che lo ospitava un supplemento di non lusinghiera notorietà: “Tu se’ da via Roma” talora con la precisazione del numero civico, il 101, era l’epiteto rivolto a chi, per seppur lievi deficit di memoria o abilità, si mostrava più vecchio o solo meno reattivo di quanto certificasse l’anagrafe. Nella realtà dei fatti, l’ospizio offrì un dignitoso tramonto a generazioni di anziani poveri o soli, fino al cambio del modello di accoglienza, che impose piccole strutture diffuse. L’immobile passò al Comune, che, in continuità, vi insediò l’assessorato ai servizi sociali.
L’ex casa di riposo di via Roma
Al soccorso in senso proprio era invece destinato, nelle intenzioni, l’ospedale che a fine anni Trenta si voleva realizzare nel palazzo che si prese a costruire di fronte alla chiesa di Santa Maria del Soccorso, primo tentativo di spostare il Misericordia e Dolce dalla sede storica entro le mura. Il trasferimento fu sospeso, nel 1952, il quartiere perse in partenza la funzione che lo avrebbe segnato per sempre.
Intanto, il quadrante con la parallela, intitolata a Karl Marx divenne nel dopoguerra un immenso agglomerato residenziale, con pochissimi parcheggi. Sul lato destro di via Roma il campo da calcio dell’Ambrosiana – poi abbandonato – riuniva generazioni di ragazzi che frequentavano la prospiciente parrocchia, che don Danilo Aiazzi amministrava con polso intransigente e intraprendenza. Il calcio giovanile offriva un quadretto alla Guareschi: trecento metri più avanti rispetto al campo della bianca Ambrosiana, dal lato di via del Purgatorio sorgevano l’impianto e il quartier generale della rossa Zenith. Don Camillo e Peppone. Fertilissima rivalità: la Zenith crebbe Mario Bertini e Roberto Vieri, successivamente padre di Christian; l’Ambrosiana fu culla di Paolo Rossi. La Federcalcio dovrebbe dichiarare quei 300 metri “zona di ripopolamento”, ma l’Ambrosiana non c’è più e i campioncini nascono altrove.
Il campo ex Ambrosiana
A proposito di sport, oltre il fatale crocevia con la Declassata, via Roma vide trasformarsi in parco l’ippodromo chiuso nel dopoguerra in nome dell’etica del lavoro (che si riteneva scalfita dalla tentazione di giocare ai cavalli) ed aprirsi la piscina comunale, rimasta fino ad oggi a cielo aperto.
Filippo Magnini con i fans alla piscina di via Roma
Privata dell’ospedale, via Roma sfogava la vocazione all’accudimento contribuendo alla crescita sana dei ragazzi con lo sport. Intanto, il parco assicurava una quota di verde sempre più rara e preziosa nella città in frenetica crescita, con fabbriche e palazzi che spuntavano là dove c’era l’erba. Decoro e sicurezza sono i problemi denunciati oggi da chi ci vive o lavora: alta densità di residenti, traffico incessante impongono servizi più assidui, ma anche educazione diffusa.
Ma il primo tratto di via Roma paga soprattutto il peccato originale che – mai espiato – lo accompagna dagli anni Trenta del Novecento: l’intersezione con la Declassata. L’attuale ponte e il terrapieno spaccano in due il quartiere. Da almeno sessant’anni si studia come risolvere quel crocevia che oggi è individuato come causa principale della malata mobilità cittadina. Per il sottopasso scelto dieci anni fa, siamo agli ultimi (si spera) passi dell’iter cartaceo. Rompere gli indugi con l’alternativa di un viadotto o di un terrapieno come molti sognano, significa ripartire da zero con progetti e finanziamenti. La soluzione sopraelevata lascerebbe il quartiere separato dal muro attuale o da piloni e porterebbe le auto vicine alle case. Il sottopasso libererebbe la superficie per giardini attrezzati, ma a complicare l’operazione c’è (anche) l’ultimo miglio del condotto fognario che raggiunge il depuratore. Perché sotto via Roma c’è un’altra via Roma invisibile, percorsa dalle acque reflue di mezza città, in quel lembo di strada dove tutto è difficile: costruire l’ospedale, ieri; risolvere un nodo viario, da sempre.