Via Bologna: soffocata dal viale Galilei e con due autovelox molto vicini
Alle fabbriche antiche si sono aggiunti case e negozi di una ordinata periferia. Oggi soffre lo straripante viale
Via Bologna era il Macrolotto di Prato. Senza numero distintivo, ché dopo il Macrolotto due, l’uno e lo zero si dovrebbe ricorrere, per ragioni di storia, a un meno davanti. E sarebbe bruttissimo e ingiusto.
Via Bologna, cui Tv Prato ha dedicato un focus, era la strada dove si passavano la mano tutte le fabbriche, correndo verso nord dalle mura, contro il vento dalla gola fra Calvana e Monteferrato e risalendo il fiume. Si comincia da Balli, quasi in centro, poi il Fabbricone, Cangioli, Ricceri, tutti sul lato destro e tutti, a parte il Fabbricone, ancora lì, vivissimi e in salute. Dall’altra parte della strada l’Affortunati, oggi Beste fabbrica e atelier, luogo di cultura e svago la sera, quando il lavoro è finito. Cosa fosse via Bologna e cosa diventerà da lì in su, verso nord, niente lo spiega meglio della fabbrica del Franchi, nel punto in cui finisce la città e d’un tratto si annuncia la Valbisenzio con le sue asperità. Del vecchio Franchi resta in piedi un capannone lungo lungo e stretto quanto la distanza fra via Bologna e l’argine del Bisenzio, su cui si affaccia a strapiombo. Se si avvertì la necessità di costruire anche in quel budello scomodo, fu perché di quella strada preziosa non si poteva fare a meno. E neanche del Bisenzio che lì sotto, alla cascata del Cavalciotto, produce il massimo dell’energia. Franchi inabissò nel fiume le eliche e i ritrécini, le macchine per rapirla, quell’energia, e trasmetterla alla fabbrica. E oggi quel capannone così apparentemente assurdo e vuoto resta un monumento a se stesso che racconta passato. Ed è maledetto da chi guida, perché restringe la carreggiata e rende aspra la curva. Ma è bello così.
Via Bologna è antica quanto e più di Prato, allungandosi nella sventurata 325, anche oggi interrotta per l’ennesima frana. Inizio e fine del percorso etrusco fra Gonfienti e Marzabotto, Dante l’attraversò verso gli esìli romagnoli e maledisse per l’eternità i fratelli Alberti che gli negarono il pernottamento alla Rocca di Cerbaia. Restando alle Lettere vi crebbe, a Cojano con la j, il piccolo Malaparte. E D’Annunzio la percorreva per salire alle Sacca. Un passato ingombrante che, come un po’ tutte le cose apparentemente improduttive, Prato ha rimosso. Ma sopravvive nell’architettura elegante con villa annessa del primo Balli; nel muro a pietra che difende il lanificio Ricceri; nello slancio dell’ex Affortunati. Il resto è edilizia nuova, – tutt’altro che scadente – interrotta dalle case a schiera con giardinetto, variopinte come al mare, prima e dopo la strettoia di Coiano, a ricordarci il paese che fu ed oggi è periferia. Però ordinata, ben servita. Tranquilla e un po’ sonnacchiosa, ad onta del fervore di un tempo e del tessile sempre attivo. Sonnacchiosa, perché più si risale a nord, più via Bologna assomiglia a una giovane, pensionata suo malgrado, cui viale Galilei ha strappato funzioni e attenzioni, ostentando salute, bellezza e abiti nuovi come una ragazza da marito.
Perché ci sono tante via Bologna. All’incrocio con via Battisti, a destra la stradina crepuscolare stretta, timida nell’allontanarsi dalla città e che infatti vi ritorna, in piazza Ciardi, rara e fuori dal tempo come il riparatore di orologi che vi si affaccia. A sinistra, via Bologna è arrembante e caotica. Futurista. Subito piena di traffico, a senso unico verso nord, coi bus pericolosi contromano. Stesso nome, mondi opposti. Il caos aumenta col traffico da via Mozza e si attenua all’incrocio con via Agnoletti. Da qui, molto si placa fino al trivio con via Pagli e via di Cantagallo, dove per trecento metri si viaggia a doppio senso. Superato lo stretto di Coiano pare di essere in vacanza: il traffico si spegne, solo case e il retro dell’Esselunga, cui si accede pure da qui ma ha ogni insegna sul viale. Via Bologna sarebbe lo sfogo ideale del troppo pieno che intasa viale Galilei, ma le difficoltà nel raggiungerla da via Mozza fanno sì che valga la pena restare in fila di là. La rotatoria sinuosa coi viali Cervi e Galilei rianima via Bologna, che innerva la frazione di Santa Lucia: palazzi belli con vista su due montagne, il Moncelli dispensatore di colazioni e ritrovo obbligato all’alba per gli scarpinatori del fine settimana. Poi, la galleria segna il passaggio del testimone a Vaiano. Non senza un’insidia per chi guida. A pochi metri dal confine fra i Comuni, Prato ha piazzato il suo autovelox. Altrettanto ha fatto Vaiano, appena entrati nel suo territorio. Vengono in mente Troisi, Benigni, la gabella del fiorino al varcare di impalpabili confini amministrativi. Comunque, andiamo piano, che è meglio. Per la borsa e per la vita.