Ricordi, politica e risate: nella casa del popolo si rivede Berlinguer ti voglio bene
Folla e nostalgia a Vergaio per l'opera prima di Benigni trasmessa in tv e commentata dallo stesso attore
A mezzanotte e quaranta, Brunero Mati entra di corsa nel salone, spalancando le braccia. “Tutti fermi, ora principia i culturale!”. Il centinaio di superstiti che dopo l’applauso i titoli di coda e perfino la foto attuale degli anonimi luoghi del set rimasti anonimi come allora stava incamminandosi un po’ sonnacchiosa, lo apostrofa: “Vien via Brunero, t’hai ancora voglia di scherzare? Il dibattito a quest’ora, proprio no”.
Brunero Mati non l’ha mai persa, quella voglia lui, fra i pochi amici di Roberto Benigni sopravvissuti alla falce del tempo, che furono comparse nel film Berlinguer, ti voglio bene. Ed è tornata ancora di più, la voglia di scherzare ieri sera al circolo L’Unione, casa del popolo di Vergaio dove, nel via vai, duecento persone si sono ritrovate per assistere per l’ennesima volta (loro) alla versione integrale di quel che il pubblico italiano non aveva mai visto in tv, in 47 anni dall’uscita. Tanto più nella versione integrale. Occasione, appunto, la prima trasmissione televisiva (su La 7) di quel film che lasciò interdetti pubblico e critica e in cui – parole di Benigni – non c’è un solo dialogo in cui non si parli di sesso, anzi di genitali, come fanno i bambini dicendo sempre cacca.
Il pubblico in sala a Vergaio
Ritrovo alle sette, per dieci euro bevuta al bar e apericena con penne all’aglio e pomodoro, crostini, prosciutto che devi farlo a brandelli a mano per metterlo sul pane a fette grosse. Politici senza passerella. Il Pd locale si dibatte fra aspiranti candidati in surplace. Ecco Biffoni, il sindaco; Ilaria Bugetti, consigliera regionale; il segretario Pd Marco Biagioni; i giovani Diego Blasi e Lorenzo Tinagli. L’assessore alla cultura Simone Mangani, rispettoso del ruolo e appassionato di cinema, rimane fino alla fine.
Augias con Benigni su La7
Il programma è lungo, mettersi comodi. Prima si vede la Torre di Babele, dove Corrado Augias intervista Veltroni sulla figura di Berlinguer, a quarant’anni dalla morte. Doveva iniziare alle nove, Lilli Gruber sfonda coi tempi, brusio nel salone. Veltroni e Augias hanno studiato e si corregono vicendevoli lapsus nei ricordi: un cognome, Gelli, un paese, la Bulgaria. Uno a uno. Berlinguer emerge per statura in tempi controversi e cattivi. Barra dritta, responsabilità, etica in un partito che appoggiò ciecamente l’Urss a Budapest e fu pieno di dubbi a Praga. E lui portò a staccarsi dalla Grande Madre Russia, rinunciando perfino ai suoi rubli. Un partito col cuore alle masse, pochissimo ai diritti civili, se ci volle la proterva sfrontatezza di Pannella per tirarlo dalla parte dei divorzisti.
Una scena del film
Nel secondo tempo ecco Benigni, che tocca come una reliquia il ginocchio di Augias, e che esonda fra case del popolo culle di democrazia, che allora c’erano ed oggi fanno tutte lap dance (ma non è vero). Dicendo che lui non era comunista perché allevato in una famiglia di socialisti. E voleva dimostrare, col film, di voler bene a Berlinguer, che lo ricambiava con l’ammirazione per i suoi spettacoli. E lui ricambiò a sua volta prendendolo in braccio, al Pincio, per la foto passata alla storia, “accorciando per sempre le distanze fra i politici e la gente”. Benigni parla e sopraffà Augias e in sala si ride e si applaude, quasi come se Roberto fosse lì. Benigni dice che Berlinguer ti voglio bene fu un film alla rovescia, che tutto quel turpiloquio spaventava la gente e c’era la ressa all’uscita, perché tutti volevano andarsene dopo le prime scene. È alla rovescia anche il dialogo in tv con Benigni che parla forbito e tocca a quel gentleman di Augias farsi carico delle parolacce “figlio di p…” detto per intero, (copyright Biden vs Putin) e “str…“, (copyright De Luca vs Meloni). Non sarà l’unico contrasto della serata: involontario e comico quello fra l’impeccabile George Clooney che beve caffè nello spot, un attimo dopo che nel film lo sgangherato Benigni si fa una Coca Cola presa direttamente dal frigo del bar.
Accenni locali, con Alida Valli che Augias ricorda bellissima ne La cena delle beffe (ma era Clara Calamai) e Benigni coglie il destro per citare Sem Benelli, “un altro pratese”, ammettendo finalmente di esserlo pure lui che si dice ostinatamente e non a torto, di Vergaio. E spiega che Berlinguer ti voglio bene fu il primo film comico parlato in toscano perché il toscano era la lingua dei padroni e fino ad allora non si poteva fare satira parlando come chi comanda. Augias lo incalza sui comici conterranei ai quali lui ha aperto la strada. Benigni cita Pieraccioni e Panariello, poi Ceccherini. Subito brusii e qualcosa di più sui social, dai fans di Francesco Nuti. Un pensiero vola a Franco Casaglieri, l’amico di Benigni più estemporaneo e più artista, che allora c’era e ora tutti cerchiamo qui, per riflesso condizionato, perché lui ci sarebbe stato.
Benigni e Augias
Intervallo. Al bar, poi nel cortile Brunero Mati racconta di 25 anni fa, 21 marzo 1999: in quella stessa casa del popolo arrivano i personaggi dello spettacolo italiano che non vinceranno niente quella sera, per assistere e fare da claque in diretta tv agli Oscar in serie che Benigni si aggiudica per La vita è bella.Che notte, quella notte degli Oscar, a ripensarci in questa serata mite e colma di passato.
Si apre la porta, nel cortile piombano gli amici e strappano Mati ai ricordi. Berlinguer ti voglio bene è appena cominciato e sullo schermo era apparso proprio lui. “Brunero vien via. Tu ci sei te ni’ film“. Entusiasti e sorpresi, come se lo stessero vedendo per la prima volta.