Diana Toccafondi: “Persone forti in una terra fragile, le istituzioni aiutino la Valbisenzio” VIDEO
Gli imprenditori investono, gli abitanti restano, le strade franano. "Una montagna prospera e mai spopolata merita attenzioni e cure, nessuno si sottragga"
La Val di Bisenzio torna a soffrire gli effetti di una natura non certo benigna, che acuisce difficoltà derivanti dalla conformazione di gola fra due montagne, col fiume che la percorre e la segna a fondovalle Dopo le alluvioni di novembre, due frane stanno bloccando da giorni la 325, unica via di collegamento verso nord e sud, creando disagi alla popolazione residente e gravi danni economici al comparto produttivo. Le imprese, alcune delle quali autentiche eccellenze del distretto tessile, continuano ad operarvi e ad investirvi, malgrado tante difficoltà. Evidente, il contrasto fra lo sviluppo tecnologico raggiunto dalle aziende e l’obsolescenza delle infrastrutture non solo viarie, indubbiamente difficili da mantenere al passo coi tempi.
Di questo contrasto e della forza morale e non solo storicamente mostrata dagli abitanti della Vallata parliamo con Diana Toccafondi, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, già direttrice dell’Archivio di Stato di Prato e Soprintendente Archivistica per la Toscana, nonché studiosa di storia locale.
Pratese di nascita, Toccafondi si dichiara “fatalmente originaria della Val di Bisenzio, visto che tutti i Toccafondi vengono da Luicciana”, anche se per ragioni che provengono dalla storia familiare gravita sulla contigua Val di Limentra. Il padre Giuliano, originario di Monachino, vi trascorse l’ultimo periodo della sua vita, unico abitante per l’intero arco dell’anno di quel borgo.
La realtà della Valbisenzio oggi è riassunta in una foto: il cantiere in via di completamento per ampliare la sede del gruppo Colle sulla riva sinistra del Bisenzio (foto) e lungo l’altra sponda, la 325 così antica, fragile, vulnerabile.
“È la metafora di ciò che è avvenuto nella storia. La popolazione della Vallata è fortemente legata alla
propria terra, nella quale ha mantenuto residenza e lavoro, lottando contro una natura poco propizia e
cercando di convivere con l’intrico spesso penalizzante dei diversi poteri istituzionali che insistevano sul
territorio, come accade a ogni ogni terra di confine. I privati, non avendo intenzione di trasferirsi sono
progrediti, hanno migliorato imprese e residenze. La cosa pubblica, dopo la Direttissima, è rimasta un po’ indietro”.
Sorprende che, pur essendo una terra svantaggiata, la Vallata non abbia mai registrato importanti fenomeni migratori.
“È vero. Ed è in contrasto con quanto accaduto alle altre valli dell’Appennino tosco emiliano: dalla montagna pistoiese partirono per la Corsica e la Francia, dalla Garfagnana i figurinai hanno fatto fortuna in tutto il mondo, vendendo statuine del presepe della loro tradizione. Dalla Valbisenzio al massimo, sono ‘rotolati’ a Prato, curiosamente stabilendosi quasi tutti in Galceti, a Santa Lucia, nella zona nord, quasi per sentirsi più vicini alle radici”.
Come si spiega?
“Come ogni terra di passaggio e di confine, la Valbisenzio ha sviluppato forte vocazione strategica e grande capacità di adattamento. Dato che storicamente i poteri istituzionali si sono avvicendati e talvolta sovrapposti con frequenza, i valbisentini hanno rafforzato il legame non solo affettivo con la sola cosa che sarebbe rimasta stabile: il proprio territorio e le sue risorse. Così hanno cercato i realizzare i propri interessi
economici a prescindere dai poteri politici”.
Una sorta di autogoverno trasversale, rispetto alla storia.
“In un certo senso, sì. Ad esempio, nel Trecento quasi tutta la Vallata era stata assegnata dai fiorentini alla podesteria di Montale, quindi indirettamente a Pistoia. Tuttavia, gli abitanti commerciavano liberamente con Prato, città forte dal punto di vista economico, ma debole sul piano istituzionale perché non sede vescovile e quindi non in grado di estendersi politicamente in Vallata”.
Spirito di autonomia, in Valbisenzio.
“Col tempo trasformarono il senso strategico in operosità, facendo leva su alcune certezze: il fiume, il bosco da utilizzare come fonte di sussistenza (si pensi alla coltivazione del castagno), il territorio collinare e montano da trasformare in coltivazioni e in pascolo. E la lana che ne derivava. Unendo quei tre elementi, la Vallata intuì presto di potersi convertire da società agricola e pastorale a piccolo-artigianale. Il fiume, il fiume buono, disciplinato, che dava forza alla molitura di castagne e granaglie forniva acqua per lavare le stoffe, prodotte con la lana delle pecore, per il cui allevamento intensivo si tagliavano i boschi, ricavandone prati. Il tutto favorito dalla piccola proprietà. L’arte di curare il bosco peraltro, non si è ancora estinta”.
Diana Toccafondi, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio Prato
Dica.
“Sauro Giraldi di Luicciana, famiglia di tessitori, cura ancora e meravigliosamente una porzione di bosco a Frascineta, ai piedi della Rasa. Faggi centenari alternati a prati. Un incanto di ospitalità”.
Poi, fu l’industria.
“Sì, ma non solo tessile. Nel Settecento Clemente Ricci, genovese, grande produttore di carta impiantò un’azienda in riva al Bisenzio, nella località chiamata La Cartaia. La strada era segnata: dopo la carta, i ramai, poi arrivò la famiglia Forti e trasformò La Briglia nel.modello di paese tessile, con fabbriche, case, servizi per i lavoratori”.
In pratica i valbisentini sono rimasti nella loro terra ed è stata la storia a raggiungerli.
“Sì, ma loro non sono rimasti con le mani in mano. A chi arrivava – come Peyron a Vernio per lavorare tappeti e cappelli – si offrivano comprovate operosità e abilità. E quando si aprirono i cantieri della Direttissima non ci fu bisogno di cercare lontano: dai boscaioli ai contadini, tantissimi si trasformarono in operai. Di rado si trovano legami tanto forti fra lavoratori e azienda come qui”.
Chiunque arrivasse per metter su una fabbrica o realizzare una grande opera pubblica trovava personale adatto.
“Ma la Valbisenzio non era solo braccia adeguate a una specializzazione o a una tecnica. Era ed è anche ingegno imprenditoriale. Qui sono nati e cresciuti leader del tessile, che hanno creato grandi imprese non solo in Vallata, anche a Prato”.
E non solo nel tessile. I Piacenti nei restauri sono l’evoluzione dell’artigianato dei bisnonni, falegnami a Cavarzano.
Fin qui abbiamo definito il carattere forte, deciso dei valbisentini e il gioco di sentimenti e interessi che da secoli li trattiene nel loro territorio, senza emigrare.
La frana del 27 febbraio scorso a Vernio
Il Bisenzio per la prima volta diventato ‘cattivo’ a novembre e le frane che bloccano la 325 ora come spesso al cambiar delle stagioni potrebbero logorare gli imprenditori, disincentivare i giovani a rimanere.
La fragilità della natura potrà aver ragione della coriaceità degli abitanti? Sopraffare secoli e secoli di resistenza?
“È la riflessione che sicuramente deve aver presente chi amministra. Non solo i comuni o la Regione, ma anche lo Stato e l’intero reticolo di chi ha competenze su un territorio talmente precario che a novembre sono avvenuti allagamenti non solo lungo il fiume, ma perfino in collina. A Chiusoli per un ruscello. Quando mai era finito sott’acqua un borgo come Chiusoli? E quando mai aveva esondato il Bisenzio? Le frane non sorprendono più, in un territorio tanto frastagliato. Di contro, ci sono aziende che si ampliano, innovano con investimenti elevatissimi, mostrano di non voler muovere le radici da dove sono”.
E invece potrebbero trasferirsi a Prato, a Montemurlo, dove la viabilità magari è ingolfata, ma non soggetta agli umori della natura.
“Ma non lo fanno. Sono e resteranno in Valbisenzio. Come in Vallata restano ad abitare giovani nati lì. O addirittura arrivano dalla città per viverci. Ecco, tutte queste persone meritano che le istituzioni non deludano le loro aspettative, rispettino la loro determinazione a non spopolare una montagna così piena di storia ma anche di futuro”.
La Vallata ha ventimila abitanti. Gli algoritmi oggi di moda sconsigliano investimenti pesanti.
“La Valbisenzio non è solo numeri, ma legami fortissimi fra popolazione e territorio, un’economia viva e vegeta, giovani. Futuro. Non sta a me dire cosa occorra. Ma le istituzioni, tutte, non devono frustrare un’umanità tanto forte, determinata, coraggiosa”.