19 Febbraio 2024

Sicurezza ovunque, ma anzitutto nei cantieri

Si impongono onerose misure a garanzia di chi lavorerà negli edifici, ma non le si fanno rispettare a chi li costruisce


Di fronte alle perplessità del proprietario di un capannone industriale rimasto vuoto alla periferia di Prato, un amico ingegnere consigliò di trasformarlo in abitazioni piuttosto che in un supermercato. Nel secondo caso i costi imposti dalle leggi per garantire la sicurezza a lavoratori e clienti del grande magazzino avrebbero superato quelli necessari per realizzare nel capannone appartamenti con muri interni, scale, piccole stanze che il supermercato avrebbe ignorato.

Resta scandaloso che le regole imposte per garantire la sicurezza di chi utilizzerà il prodotto finale, ossia clienti e lavoratori del supermercato possano essere eluse durante la produzione dell’edificio. Eppure, in un cantiere i rischi sono ben più incombenti di quelli – pur non irrilevanti, specie nei depositi e magazzini – di chi lavora o fa acquisti in un supermercato.

Lavoratori, anzi: persone di serie A e di serie Z. Sia chiaro che non va tolta alcuna garanzia di sicurezza a chi opererà nell’edificio indossando badge col nome, spolverine e divise coi marchi aziendali e ai relativi clienti. Ma va pretesa ad ogni costo – in qualsiasi cantiere – la sicurezza di chi partecipa alle mille fasi della costruzione e talvolta non ha nome e non ha marchi aziendali sugli abiti di lavoro perché spesso sono gli stessi abiti che indossa a casa.

La sicurezza non dev’essere un imperativo solo per chi utilizzerà un edificio, ma anche e soprattutto per chi lo costruisce, arrampicandosi su impalcature, aggrappandosi a cestelli di gru, rasentando immensi pilastri appena issati. E potrà eludere qualsiasi legge degli uomini ma sarà esposto in ogni momento alla legge di natura più impietosa e inesorabile: quella di gravità, che rende fragile e precario chiunque lavori nei cantieri. Cantieri che sempre più spesso sembrano alveari di esistenze grigie, con api laboriose che arrivano e ripartono, spesso senza lasciare tracce di sé.

Francesco De Gregori in una canzone d’inizio anni ’90 divideva il mondo fra chi sta ,”dalla parte di chi ruba nei supermercati o di chi li ha costruiti rubando”. Senza riferimenti a quel caso, la tragedia di Firenze impone a tutti di stare dalla parte di chi, per elevarsi appena dalla costrizione di  rubare cibo per sopravvivere, lavora spogliato delle fondamentali misure di sicurezza. O è semplicemente un numero, sul quale non si può neppure piangere.

Buongiornoprato@tvprato

disegno di Marco Milanesi