Non è rimasta inascoltata la lettera di Confindustria Toscana Nord, CNA Toscana Centro e Confartigianato Imprese Prato indirizzata al Ministero dell’ambiente sui temi del tessile relativi all’End of Waste e all’EPR, la responsabilità estesa del produttore. Grazie anche all’interessamento forte e sollecito dei parlamentari e delle personalità politiche del territorio – in particolare degli onorevoli Chiara La Porta, Erica Mazzetti ed Andrea Barabotti, ai quali vanno i ringraziamenti delle tre associazioni -, la nota inviata al Ministero ha ricevuto una risposta che apre importanti spiragli.
Confortante soprattutto quanto viene detto in materia di End of Waste, vale a dire delle regole che stabiliscono quando un materiale di scarto, già classificato come rifiuto, cessa di essere tale per rientrare nel ciclo produttivo come materia prima secondaria. Sull’argomento è in corso il dibattito in sede di Unione Europea, ma anche a livello italiano è stato reso noto un testo che ha destato preoccupazioni: il passaggio da rifiuto a materia prima secondaria sarebbe fissato in un punto troppo avanzato del ciclo, praticamente al momento in cui il materiale è già stato riportato allo stato di fibra. Ciò implicherebbe che le fasi più a monte della filiera del riciclo – sfilacciature e altre lavorazioni – siano classificate come aziende che trattano rifiuti, con le autorizzazioni e gli effetti burocratici conseguenti. Il rischio, in una prospettiva del genere, sarebbe che queste fasi, così penalizzate, scompaiano da Prato, con i danni economici ed occupazionali conseguenti. Sul punto dell’End of Waste la risposta del Ministero dell’ambiente è stata però molto rassicurante: in pratica, il Ministero fa propria la posizione delle associazioni pratesi e afferma che anche in sede europea la posizione italiana sarà finalizzata a “salvaguardare i vari processi industriali tessili che ad oggi operano sul territorio nazionale e che sono normale pratica industriale come, ad esempio, la lavorazione ‘sfilacciatura’ (cioè l’operazione meccanica che riporta un materiale tessile, adeguatamente selezionato e preparato, allo stato di fibra) che costituisce infatti un tassello dei vari processi produttivi.” Una nuova impostazione, dunque, in linea con le richieste venute da Prato.
Quanto all’EPR-Extended Producer Responsibility, il concetto generale, già presente nella legislazione europea e italiana e in via di definizione per i vari settori, è che i produttori di beni di consumo sono tenuti a gestirne il fine vita attraverso interventi finanziari ed eventualmente anche organizzativi da realizzare individualmente o collettivamente. Sullo sfondo, i principi dell’economia circolare e la necessità di prevenire la generazione di rifiuti, favorire il riciclo e ridurre lo smaltimento. Anche su questa materia ci sono movimenti normativi a livello sia nazionale sia europeo: sarà comunque quest’ultimo a dettare, con lo strumento della direttiva, la linea ai paesi dell’Unione. Nel frattempo, si sono già costituiti consorzi e strutture organizzate pronte a inserirsi in quello che sarà, a tutti gli effetti, un business importante dal punto di vista sia ambientale che economico. Il contributo ambientale che si andrà a determinare – e che ricadrà di fatto essenzialmente sui consumatori – sarà indispensabile per alimentare anche e soprattutto una filiera sostenibile dal punto di vista dell’ecoprogettazione e di processi di produzione innovativi, per i quali occorreranno, sempre più fortemente, ricerca e investimenti.
“Quello che evidenziamo nelle nostre richieste riguardo all’EPR è che nella moda il concetto di ‘produttore’ non può essere circoscritto solo ai segmenti finali di confezionamento e commercializzazione – spiega Francesco Marini, delegato per la sostenibilità della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord -. Nelle fasi produttive che non hanno relazione diretta col consumatore risiede la maggior parte delle competenze e delle tecnologie che possono fare la differenza rispetto alla sostenibilità. I semilavorati tessili hanno come unica destinazione l’abbigliamento-maglieria, che a sua volta non può esistere senza di essi. Da sottolineare poi che fra i soggetti già riconosciuti in ambito EPR vi sono coloro che fanno commercializzazione: troviamo assurdo che sulle risorse risultanti dal contributo ambientale abbia parola in capitolo chi vende e non chi realizza i materiali costitutivi dei prodotti finali. Nella moda la distribuzione del valore è già squilibrata a favore della parte a valle: sarebbe gravemente sbagliato allargare questa divaricazione anche attraverso la gestione del contributo ambientale. Il messaggio al Governo ci pare arrivato, ma il percorso sarà probabilmente non facile. Per questo abbiamo ancora bisogno di tutto il sostegno possibile.”
Sull’EPR la risposta del Ministero dell’ambiente è infatti cauta ma dimostra che le argomentazioni delle associazioni pratesi sono state comprese, assicurando che “in vista di una seconda consultazione con gli stakeholder di riferimento, un’ulteriore discussione sul punto sollevato dal Distretto di Prato potrà portare, eventualmente, ad una modifica della priorità attribuita ai produttori, fermo restando il fatto che la “responsabilità estesa del produttore” relativa ai prodotti immessi sul mercato è posta in capo, ai sensi della normativa unionale e nazionale vigente, ai produttori e agli importatori.” Un’apertura con riserva, quindi, ma comunque l’assunzione di un impegno in cui Prato confida.
“Sull’End of Waste il distretto pratese può insegnare molto a livello istituzionale, considerato che il riciclo delle fibre e dei tessuti fa parte da sempre del DNA della nostra filiera di piccole e medie imprese grazie al lavoro degli storici cenciaioli – dichiara il presidente di Federmoda CNA Toscana Centro Francesco Viti –. La nostra filiera è costruita infatti da segmenti differenti fatti da aziende di grandi, medie e piccole dimensioni, e le piccole imprese non possono contare sulle risorse necessarie a sostenere adempimenti e costi per trattare i rifiuti e trasformarli in nuova materia prima. D’altro canto però, proprio le pmi possiedono le competenze e quella profonda conoscenza dei materiali che sta alla base della decisione se un capo possa essere riutilizzato e riciclato o meno. Per questo riteniamo importante che l’esperienza del distretto pratese venga messa a frutto dal Ministero dell’Ambiente, che dovrà tenerne conto per definire quando un materiale di scarto va classificato come rifiuto, quando ha invece le caratteristiche per rientrare nel ciclo produttivo e anche per stabilire i criteri dell’EPR che riguarda la responsabilità dei produttori sul futuro smaltimento del capo. Qualche passo avanti in questo senso è stato fatto, e ne prendiamo atto, ma non è sufficiente ad affermare quella differenziazione imprescindibile delle materie prime che solo le imprese del distretto possono garantire.”
“Ricordiamoci – dice il presidente nazionale di Confartigianato Moda, Moreno Vignolini – che il sistema-Prato è diventato un vero e proprio modello da seguire a livello europeo. Grazie al lavoro svolto dalla nostra Federazione Moda in collaborazione coi nostri uffici di Bruxelles, la Commissione europea ha infatti adottato il distretto pratese come modello ideale in tema di riciclo di scarti tessili. Davanti a tale riconoscimento ci aspettiamo che anche il nostro Governo ne riconosca la validità e valorizzi queste peculiarità. Ricordiamo inoltre che grazie a un nostro emendamento sul disegno di legge sul Made in Italy sono state riconosciute come materie prime italiane quelle provenienti dalla catena del riciclo. Ci aspettiamo quindi che i 15 milioni messi a disposizione dal governo rappresentino l’inizio di un sostegno concreto alle nostre aziende della filiera del riciclo.”