4 Febbraio 2024

Riccardo Galardini: “Quando Francesco Nuti s’impaurì del Festival di Sanremo” VIDEO

Il direttore d'orchestra pratese racconta la lunga esperienza all'Ariston e svela il retroscena su "Cecco". "Il Festival? Oggi è un evento tv". "Prato nella musica batte Firenze e MIlano"


 

Come diventai direttore d’orchestra a Sanremo? Era il 1991, esecutore alla chitarra, ero turnista per Raf, Zarrillo, Ivana Spagna, Vallesi, Tozzi.  Per rilanciare il festival che andava imponendosi come evento televisivo, si bandì il playback   per tornare all’orchestra. Sparite le figure storiche come Bruno Canfora, servivano direttori capaci di scrivere a mano le partiture che oggi si fanno al computer. Nella casa per cui lavoravo, ero il solo in grado di scrivere la musica e decisero di affidarmi la bacchetta. Diressi Paolo Vallesi e Fandango. Poi Raf in Oggi un Dio non ho, esecuzione che risultò molto emozionante. Il ghiaccio era rotto e capii che io, chitarrista acustico per vocazione, ero in grado di stare sul podio”.

Riccardo Galardini, 68 anni, pratese, ha partecipato fra il 1991 e il 2005 a nove edizioni del Festival di Sanremo, dirigendo l’orchestra o eseguendo come chitarrista per una ventina di cantanti: Raf, Paolo Vallesi, Irene Grandi, Ofra Haza, Ivana Spagna, Alessandro Canino, O.R.O., Fandango, Michele Zarrillo, Boris. E’ stato chitarrista per Marco Masini, Aleandro Baldi, Alessandro Errico e ha orchestrato partiture per U,berto Tozzi, Anna Oxa, Fedrico Moro, Zarrillo. Nel 2002 partecipò con Bobo Rondelli al Premio Tenco.

Ma l’approccio col Festival avvenne per Galardini, all’età di appena ventitré anni, nel 1979. Sanremo era quasi clandestino: preliminari in diretta radio, solo la finale in tv malgrado fosse Mike Bongiorno a presentarlo. Chitarrista per il complesso.AXY che fu subito eliminato, per il giovanissimo Galardini la via di Sanremo era aperta.

Riccardo Galardini è musicista a tutto tondo. Tanto eclettico da alternare il ruolo nella kermesse della musica apparentemente disimpegnata  con le docenze al Conservatorio di Rovigo (chitarra pop rock) e alla scuola Verdi di Prato (chitarra moderna). Abita a San Leonardo, vicino Gamberame in Valbisenzio, in una colonica dove ha ricavato uno studio di prove e registrazione. Lì continuerà a coltivare la musica e a coltivare il terreno circostante, da appassionato agricoltore, anche quando, fra non molto, avrà  lasciato il Conservatorio.

A Sanremo si canta, si suona, si dirige davanti a milioni e milioni di telespettatori. Chissà l’emozione.
“Tecnicamente, dirigere a Sanremo non è complicato: con cuffia, tecnologie è impossibile sbagliare il tempo e chi dirige è il punto di riferimento del cantante, deve curare che tutto funzioni alla perfezione. È  soprattutto un  organizzatore. Il problema è non pensare ai milioni che ti stanno osservando e mantenere nervi saldi e concentrazione”.

Mai avuto un cedimento?
“Ci sono andato vicino nel 1994, chitarrista per Aleandro Baldi. Il suo brano Passerà era introdotto da una trentina di secondi di chitarra classica che io eseguivo in assolo. Mi tremavano le mani”.

È successo di emozionarsi anche a personaggi più avvezzi di lei a confrontarsi con il pubblico?
“Ho avuto la fortuna, il piacere e l’onore di accompagnare Francesco Nuti  nella sua unica esperienza a Sanremo, con il quale volle cimentarsi con grande determinazione. Francesco esegui perfettamente in studio il brano Sarà per te che io avevo arrangiato e un anno più tardi sarebbe stato cantato da Mina. Alle prove generali Nuti, che come tutti si esibiva con la base, senza orchestra, si accorse che mostri sacri come Massimo Ranieri e Marcella Bella si emozionavano come ragazzini e anche lui si emozionò, non offrendo una resa paragonabile con le performance in studio”.

Quindi?
“Preso dal panico di fallire davanti al pubblico disse perentorio: ‘Torniamo a casa, non ce la farò mai’. Caterina Caselli che produceva il disco e io facemmo di tutto per convincerlo a restare e andare sul palco. Cosi fece, cantò benissimo e si piazzò dodicesimo”.

Con Nuti ha avuto uno stretto sodalizio.
“Ho partecipato alle colonne sonore di quasi tutti i suoi film. In particolare nel 1985 come arrangiatore delle musiche di  Casablanca Casablanca, con Giuliana De Sio, diressi Pippo Baudo in studio di registrazione mentre suonava il pianoforte per un playback di As time goes by che eseguì con Francesco e Giuliana al Festival. Ovviamente, fuori concorso”.

Francesco Nuti a Sanremo nel 1988

Con quale cantante, nella carriera sanremese,  si è trovato in difficoltà?
“La professionalità è elevatissima da parte di tutti. Difficile sbagliare, quando il rapporto fra orchestra e cantante è di comprovata reciproca fiducia. Certo, ci sono gli incerti del mestiere. Ma sempre risolvibili”.

Di chi fra i cantanti, è rimasto particolarmente amico?
“Non li frequento, fuori dal lavoro. Sono affezionato a Raf, mi sento spesso con Masini per parlare della nostra Fiorentina. Ci facciamo grandi risate, anche per allontanare lo sconforto dopo presrazioni come quella di venerdì a Lecce”.

Lei ha avuto un sodalizio particolare con Ivano Fossati.
“Aver lavorato dieci anni con lui lo considero una sorta di premio alla carriera. È un artista profondo, che si distingue dagli altri grandi della musica leggera perché esprime il massimo a teatro. Lì intreccia un rapporto speciale con lo spettatore e con i musicisti che lo accompagnano. Mi vengono i brividi a ricordare Mio fratello che guardi il mondo, noi due soli sul palco: la sua voce e la mia chitarra. Senza batteria, senza orchestra”.

Riccardo Galardini ( a destra) con il suo trio a Prato Estate 2019

Quale cantante la fece innamorare della musica, da bambino o ragazzo?
“Venerdi sera in tv ho visto uno speciale su Lucio Battisti, davvero un numero 1, che ho sempre ammirato. Ma chi mi stregò da bimbo, poi da ragazzo, furono i Beatles. Duecento brani in sette anni, quantità immensa per una svolta qualitativa e stilistica che segnò la storia della musica. E conquistò anche me, per sempre”.

Quando i Beatles si scissero, nel 1970, lei aveva 14 anni.
“Già pensavo alla musica come ragione di vita e mi procuravo tutti i dischi dei Beatles che trovavo. Loro sono stati per il pop ciò che Dante è stato per la letteratura mondiale. Anzi, più che Dante. citerei Omero”.

A proposito di Omero: lei ha studiato al classico Cicognini. E sui banchi, nella sezione D, c’era Alessandro Cavicchi, musicista come lei.
“Due musicisti su trenta alunni è una percentuale altissima, per un liceo classico. Alessandro insegna nelle scuole medie, dirige Symphonietta alla Verdi, compone brani per flauto. Come me, non può vivere senza musica”.

Prato è una città sensibile nei confronti della musica?
“Rispondo con un numero: sono ben 12 le scuole medie a indirizzo musicale in città. Controlli quante sono a Milano e faccia il confronto (ne abbiamo contate 49 cioè il triplo, in tutta la provincia, che ha 16 volte gli abitanti di Prato ndr). E non dimentichiamo i 700 iscritti alla scuola Verdi, che eguagliano il numero degli allievi di un Conservatorio. E la Camerata strumentale, Metastasio jazz che ha richiamato in città i più grandi esecutori mondiali. In proporzione, in campo musicale siamo molto più vivi che a Firenze”,

Che ha Masini, Vallesi. Ma non un Galardini.
“Sostengo Prato come città musicale con l’insegnamento: da circa 26 anni tengo corsi di chitarra moderna, musica d’insieme pop e col laboratorio pop-sinfonico, dedicato all’orchestra di tipo “Sanremese“: dopo aver approfondito i Beatles, ci stiamo dedicando ai brani che diressi a Sanremo negli anni ‘90. Aggiungo un’esperienza che mi ha formato moltissimo: dal 1993 al 2005 ho partecipato come chitarrista a tutti i dischi di Laura Pausini e nel 1997 feci parte della sua tournée mondiale. Esperienza gratificante, ma in grado di sfinirti fisicamente”.

Perché  non è più a Sanremo?
“C’è un giusto ricambio generazionale, sia nella direzione d’orchestra che fra gli esecutori”.

Dove lavora, oggi?
“Sono stato il primo docente in Italia ad avere ricevuto la cattedra di Chitarra pop e rock, al Conservatorio di Cuneo. Fino ad allora esisteva l’insegnamento, ma non la cattedra. Ora insegno la stessa materia a Rovigo”.

Un pioniere, insomma. Che ha contributo all’introduzione ufficiale nei Conservatori della musica contemporanea.
“La fermo subito. Pop e rock non sono musica contemporanea, hanno 60-70 anni di storia. Ormai sono materie ‘antiche‘, rispetto al rap, al trap, ai generi attuali. Nei miei programmi c’è lo studio delle partiture dei Beatles. Inoltre ho appena pubblicato per le edizioni Volonté un nuovo libro sul metodo per chitarra pop rock”.

La prima edizione del manuale sul metodo della chitarra di Riccardo Galardini

Chi vincerà Sanremo 2024?
“Non conosco le canzoni ed oggi il festival è un fenomeno televisivo, la musica è passata un po’ in secondo piano, anche se come ogni anno un paio di pezzi belli finiranno per  emergere”.

Seguirà il festival in tv?
“In settimana sarò in tournée come chitarrista fra Firenze, Empoli, Grosseto, Figline e Poggibonsi con Aleksey Igudesman e Hyung-ki Joo, il primo, russo, suona il violino; l’altro, coreano il pianoforte. Martedi e mercoledi non sono previste repliche. E penso proprio che sarò davanti alla tv, a vedere Sanremo”.

Buongiornoprato@tvprato.it

disegno di Marco Milanesi