Un detenuto del reparto di media sicurezza del carcere di Prato si è suicidato la scorsa notte. A scoprire l’accaduto, attorno a mezzanotte e mezzo, è stato un agente della polizia penitenziaria durante i controlli di ronda. L’uomo, un 45enne marocchino che si trovava da solo nella cella, è stato trovato impiccato alle sbarre della finestra attraverso una corda rudimentale realizzata con le stringhe delle scarpe e le lenzuola.
Inutile purtroppo l’intervento dell’automedica e della Misericordia di Montemurlo, inviati dal 118. Il detenuto, che era stato trasferito a Prato da altri istituti in tempi recenti, non aveva dato segni particolari delle sue intenzioni, né aveva compiuto in passato gesti autolesionistici.
“Questo è l’ennesimo episodio di un periodo particolarmente “nero” per l’istituto pratese – commenta Ivan Bindo, segretario provinciale Uilpa Prato -. Da tempo ormai la Dogaia è senza un direttore titolare e un comandante effettivo, in sostanza abbandonato completamente dai vertici dell’amministrazione penitenziaria e da un Provveditore della Toscana, che non ha mantenuto gli impegni assunti e che da mesi ormai latita snobbando di fatto anche noi organizzazioni sindacali.
Nonostante sia intervenuto anche il Prefetto la situazione non pare migliorare. Continuamo sempre ad informare chiunque di ciò che avviene all’interno della Casa Circondariale.
Il poco personale in servizio, che risponde sempre presente, è oramai allo stremo e lavora in una condizione inaccettabile” conclude Bindo, che sollecita seri e urgenti provvedimenti.
Sulla drammatica notizia, interviene anche il portavoce del Pd Toscana Diego Blasi: “I numeri sui suicidi nelle carceri sono drammatici. Non possiamo girarci dall’altra parte. 68 persone si sono tolte la vita nei penitenziari italiani nel 2023, altre centinaia ci hanno provato e sono state soccorse in tempo. Con un suicidio ogni due giorni e mezzo il 2024 si appresta a diventare il più nero della storia. Ieri è toccato a un uomo recluso a Prato. La vita nelle nostre carceri non è degna di un paese civile. La pena dovrebbe servire a riabilitarsi, non a morire. Il carcere di Prato vive una situazione pesantissima, é un vero luogo di disperazione: siamo al secondo suicidio in due mesi, si sono registrate risse e aggressioni ai danni degli agenti, ci sono gravi carenze strutturali e di manutenzione, scarsità di personale penitenziario ed educatori. Una situazione da cui i più fragili preferiscono sfilarsi togliendosi la vita. Occuparsi di investimenti a favore dei detenuti è forse impopolare, ma moralmente doveroso: il governo si muova”.