28 Gennaio 2024

Giovannella Pitigliani: “Chi dona 5 euro, chi lascia eredità: Prato unita nella lotta al cancro” VIDEO

La presidente della Fondazione Sandro Pitigliani: "Basta viaggi della speranza: anche dagli Usa rimandano i pazienti al Santo Stefano"


Nel 2024 la Fondazione Sandro Pitigliani per la ricerca sul cancro compie 45 anni. Nacque sotto forma di comitato, attorno al ricordo e al nome di Sandro Pitigliani, imprenditore del settore spedizioni scomparso in seguito a un tumore. Negli anni si trasformò in associazione, poi in fondazione per sostenere al meglio l’obiettivo dichiarato nel nome: la ricerca, che qui si effettua nella modalità “traslazionale“, ovvero con passaggio diretto dei medici dal laboratorio al letto del paziente. Accorciando al massimo le distanze fra teoria e applicazione, in un quadro in cui pubblico e privato procedono in modo complementare e non concorrente.

Il privato procura fondi, provvede a sostenere la ricerca e le terapie praticate nelle strutture dell’Asl.

Affrontiamo il tema con Giovannella Pitigliani, presidente della Fondazione intitolata a suo padre Sandro, fondazione che in questi 45 anni si è affermata come patrimonio della città.

Giovannella Pitigliani a un evento benefico a Villa Guicciardini

 

Signora Giovannella, lei ammette senza difficoltà, di essere stata paziente oncologica. Guarita. “Nascondere la malattia è  retaggio di un passato in cui il cancro era considerato uno stigma, Dichiararsi può aiutare a guarire, a farsi forza. Nel mio caso mi dà maggior consapevolezza per affrontare il ruolo che ricopro”,

Cosa è successo, in questi 45 anni?
“Per mio padre, a fine anni Settanta facemmo il viaggio della speranza in cerca di chi lo curasse al polmone. In Italia c’erano l’Istituto Nazionale Tumori, a Milano e le cliniche universitarie, come Careggi. A Prato non esisteva reparto, i pazienti erano sistemati in Medicina”.

E oggi?
“Oggi i pazienti pratesi che si rivolgono altrove vengono rimandati a Prato. Non solo da Milano. Anche da Houston, dall’estero. Abbiamo un’Unità operativa i cui meriti sono riconosciuti a livello internazionale e che la Fondazione Pitigliani sostiene con ogni sforzo”.

Angelo Di Leo

Quando è avvenuta la svolta?
“Con l’arrivo di Angelo Di Leo alla direzione di Oncologia. Era il 2003, direttore generale dell’Asl Pallini. Di Leo appariva ancora più giovane dei suoi quarant’anni, sembrava un liceale. Dimostrò capacità ed esperienza assolute. Lui e la moglie Laura Biganzoli si erano formati con Veronesi e si erano trasferiti a Bruxelles. Dopo la nascita della figlia vollero rientrare in Italia. Fu una benedizione che Di Leo approdasse qui”.

Dopo la morte di Di Leo, avvenuta nel giugno 2021, la guida di Oncologia è passata alla moglie, Laura Biganzoli.
“In piena continuità operativa. Ne sono felice”.

Laura Biganzoli

Chi lavora a Prato sa che può contare sul sostegno economico e non solo, della Fondazione.
“Il nostro statuto ci impone di sostenere esclusivamente iniziative rivolte alla lotta al cancro. I sindaci revisori ci pungolano continuamente a non tenere soldi sul conto corrente e qualche volta dobbiamo farci sentire per mantenere in banca somme destinate a progetti pluriennali. La regola è aspettare i desiderata dell’Asl per nuove tecnologie destinate alla ricerca, per supporti informatici mirati. Di recente abbiamo acquistato un ecografo da 35.000 euro e computer per la bioinformatica costati 30.000 euro. La nostra sede al Santo Stefano è fisicamente vicinissima al reparto. A ribadire che molto vicini sono anche i nostri cuori e le nostre risorse”.

Strumenti, computer. Il cancro non si cura solo con i macchinari.
“Un medico diceva ai pazienti: io ci metto il 50%, l’altra metà dovete metterla voi. Abbiamo introdotto a nostre spese la psiconcologia per le persone sottoposte a chemioterapia e per affiancare i medici che annunciano prognosi complesse o purtroppo vere e proprie sentenze. E abbiamo organizzato corsi per infermieri, che lavorano ‘accanto alla morte‘ e devono avere forza per sé e per trasmetterla ai malati. Chi è vicino ai pazienti ha un compito fondamentale e difficile. Assistere mio padre è stato per me assai più duro che affrontare il tumore in prima persona”.

Quanto contano le esperienze di parente e di paziente, nello svolgimento del suo ruolo?
“Esserci passati, insegna a capire le fragilità interiori, che ho sperimentato come malata e come donna. Con la Fondazione abbiamo organizzato corsi per operate al seno, aiutandole a recuperare fiducia, con parrucchieri ed estetisti che insegnavano a truccarsi. Che aiutavano le donne a tornare a piacere a se stesse, per piacere ad altri. Aiutavano a superare il trauma di trovarsi i capelli fra le mani senza il dolore che si prova a strapparseli. Un trauma ben superiore alla stessa entità del danno. Non solo: abbiamo coinvolto medici di ostetricia e ginecologia per aiutare le donne in chemioterapia a superare disturbi all’apparato riproduttivo che possono creare difficoltà con il partner. Voglio dire però che da tante sofferenze nascono anche grandi momenti di gioia”.

Giovannella Pitigliani col sindaco Matteo Biffoni e l’imprenditore Manuele Loconte

Felicissimi di ascoltarla.
“Il dottor Di Leo mi suggerì di acquistare un casco di nuovissima generazione che raffreddando la cute impedisce la caduta dei capelli di chi affronta la chemio. I club service cittadini organizzarono una cena di raccolta fondi al Politeama. Qualche tempo dopo, a una cena, mi viene incontro una signora che non conoscevo e si toccava i capelli, sorridendo. Mi abbracciò quasi in lacrime”.

La chemio combatte il tumore, ma indebolisce il corpo e l’anima,
“Ricordai quando, da paziente definii la chemio ‘il mio amico Attila’. E ricordai quando, invitata al matrimonio di un nipote, indossai sopracciglia finte. Certi piccoli passi, come quello compiuto dalla signora che aveva salvato i capelli, aiutano a guarire. E a vivere”.

Quali altri aiuti psicologici vorrebbe assicurare ai pazienti?
“In materia di tumori, sono stati fatti molti passi avanti per le donne. Grazie a Veronesi, che avrebbe. meritato il Nobel per la scoperta della quadrantectomia, l’asportazione della zona colpita e non dell’intero seno. Una soluzione che ha aperto la via all’individuazione del nodulo sentinella tramite il quale si può prevenire la chirurgia più invasiva. Veronesi ha implicitamente invitato a sostenere ad ogni livello le pazienti. Ora vorrei fare qualcosa anche per maschi colpiti da cancro”.

 

Giovannella Pitigliani

Tecnologie, ricerca, sostegno psicologico, corsi per recuperare condizione estetica e autostima hanno un costo. Come fate fronte?

“Siamo una fondazione, con un patrimonio che produce frutti che reimpieghiamo. Ma non possono bastare. In tanti anni di militanza a Prato e non solo hanno preso a conoscerci e sostenerci. A Natale molte aziende versano somme sul nostro conto. Apprezziamo qualunque gesto, come dico sempre: da un centesimo in su, raccolgo tutto. L’ideale sarebbe che le imprese, che godono di benefici fiscali sostenendo  la nostra causa, prevedessero un’erogazione stabilita, certa, che ci consenta di programmare interventi e progetti”.

C’è crisi. E l’alluvione ha messo in ginocchio aziende e famiglie.
“Avrei voluto aiutare direttamente le famiglie colpite, ma lo statuto prevede erogazioni solo per emergenze di natura oncologica. Chiamai l’Ant, mi dissero che di recente avevano subito il furto di un ecografo portatile, fondamentale per l’assistenza domiciliare. Gliene abbiamo donato uno nuovo. E per rispetto verso le famiglie alluvionate non abbiamo promosso a Natale la vendita dei panettoni per finanziare la Fondazione”.

Un anno fa avete ricevuto una cospicua eredità.
“La signora Gianna Borgioli, purtroppo deceduta in ancor giovane età, ci lasciò in eredità una parte del patrimonio che, grazie alla collaborazione della famiglia e dei consulenti ci venne liquidato in contanti. Acquistammo subito, fra l’altro, l’apparecchio Mim Maestro, software che consente di analizzare le immagini rendendo molto più agevole l’individuazione delle lesioni tumorali. Preziosissimo per la struttura di Medicina nucleare del Santo Stefano, diretta dal dottor Stelvio Sestini”.

 

La consegna  all’Unità di Medicina nucleare del macchinarioacquistato grazie al lascito ereditario di Gianna Borgioli

 Prato è generosa?
“Lo è per storia, tradizione. Quando la città ha guadagnato si è ricordata di chi ha bisogno e continua a farlo, nonostante il periodo difficile. Anche oggi i pratesi sono sensibili, fino a farci commuovere”.

In che senso?
“Un signore ci scrive ogni anno una lettera, allegando una banconota da venti euro. Un gesto di importanza e forza meravigliosi”.

Un gesto che ricorda le donazioni di piccole somme – allora in lire – accompagnate da lettere altrettanto commoventi, che Roberta Betti riceveva all’epoca del salvataggio del Politeama”.
“Lo stesso principio di sensibilità al bene comune: lì, per salvare un teatro, qui per salvare vite. Ognuno dà ciò che può, un segnale cui tutti dovrebbero ispirarsi. Ma in questo, c’è una signora che suscita tenerezza infinita”.

Cosa fa?
“Ogni anno ci invia 5 euro, accollandosi il costo del bollettino. Le scrivo per ringraziarla. Mi risponde, le rispondo. Immensa umanità”.

Un appello.
“Alle donne, in particolare: fate mammografie, screening preventivi. Con la prevenzione è stato quasi debellato il tumore al collo dell’utero. A tutti in generale, dico: sottoponetevi ai test, non diventate pazienti oncologici. La diagnosi precoce salva le vite, previene i costi sociali ed economici della malattia”.

A proposito, sono in corso tagli dolorosi, alla sanità.
“È umiliante per un paese il fenomeno dei migranti per cancro. Spostarsi al nord per curarsi. Ognuno dovrebbe ricevere cure dove vive, per una malattia diffusa, ormai divenuta malattia sociale come il cancro”.

Invece.
“Invece coi tagli si rischia che si curi solo chi può. Ma il cancro è democratico, colpisce tutti, non guarda in faccia né al portafogli”.

Meno male che esistono Fondazioni come la vostra.
“Il nostro orgoglio è di aver contribuito ad avere in città un reparto di eccellenza riconosciuta. E che molti pratesi che hanno affrontato viaggi della speranza vengano rimandati a casa per curarsi altrettanto bene. Ringrazio i medici, tutti gli operatori di Oncologia. E i pratesi per la generosità con cui ci sostengono. E ogni tanto mi fanno pensare che la Fondazione Pitigliani dovrebbe chiamarsi Fondazione Prato”.

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disegno di Marco Milanesi