24 Gennaio 2024

Eredi e compagni di squadre: c’è tanta Prato nei racconti su Riva

Paolo Rossi erede per risultati, Vieri per fisico e caratteristiche. Da Boninsegna a Bertini, citazioni della città nella carriera del campione


Leggi su tutti i giornali di Gigi Riva che se n’è appena andato e oltre al dolore per un uomo che ha segnato l’infanzia di noi, bambini quando lui faceva gol, ti coglie un misto d’orgoglio e di sconforto. Orgoglio e sconforto.per esser pratesi. Nelle pagine che i giornali si sono affrettati a preparare lunedi sera, dopo l’annuncio della morte c’è l’inevitabile ricerca degli eredi di Riva. Eredi per dignità, per risultati, per valore sul campo. Come si fa ogni volta che muore un re. Due di quegli eredi unanimemente riconosciuti sono pratesi.

Per i giornalisti che raccontarono Riva quando giocava e sono stati testimoni del calcio che ne è seguito, l’erede per pienezza di risultati è Paolo Rossi che dal Mondiale 1982 strappò ciò che Riva non trasse – seppure nella grandezza che manifestò – nel mondiale del Mexico. Dove sul piano individuale fu il tedesco Müller a raggiungere ciò che tutti aspettavano da Riva: 10 gol, trascinatore, di sé e della squadra.. Dodici anni dopo Paolorossi (una sola parola, come Gigiriva) unì il successo personale (capocannoniere e Pallone d’oro) a quello di squadra, con l’Italia vincente.
Rossi era pratese di nascita.

La Gazzetta accosta Vieri a Riva

 

L’erede fisico di Riva designato dalla stampa è Vieri. Robusto, ancor più massiccio di Riva, come lui mancino di piede e capace di far gol di testa, di forza, di prepotenza. Come Riva, ebbe un’infanzia dura: tornò da solo dall’Australia, visse dal nonno mentre nel Santa Lucia mostrava a coetanei compagni e avversari le ossa che si era creato da solo, con un carattere di ferro e una vita non fatta di rose.

Vieri è pratese di sangue: nonno e babbo giocarono nel Prato prima di lui e del fratello. L’anagrafe dice che nacque a Bologna, dove il.padre stava giocando allora. Ma nell’essere cittadino del mondo, dopo esserlo stato di quasi tutto il calcio, Vieri resta pratese e di Prato ha comprato la casa più pazza e ardita che ci sia, su ai Bifolchi.

 

Le rievocazioni di Riva di questi giorni hanno poi intensamente investito Roberto Boninsegna, suo compagno di squadre (Cagliari, Nazionale): nelle schede dei giornali che riassumono la itinerante carriera di Boninsegna al primo posto c’è il Prato, dove giocò nel 1963,-64.

Boninsegna ricorda Riva sulla Gazzetta

Le stesse rievocazioni di Riva hanno invece risparmiato un pratese che giocò con lui fra molte altre gare, Italia-Germania, Italia-Brasile. Mario Bertini, opposto di Riva in campo e fuori: attaccante sempre investito da un fascio di luce l’uno, per quanto l’altro era mediano e oscuro.

Quanta Prato affiora dalla carriera e dal racconto di Riva, unico campione del calcio non divisivo, ma amato da tutti, tifosi e avversari. Però Prato non ne porta tracce tangibili. Non c’è città al mondo con due cannonieri che abbiano segnato nove gol a testa nelle finali dei mondiali. Ma Bertini e Rossi se ne andarono ragazzi da Prato e misero radici nelle città del calcio e delle  mogli. Vieri è andato e va ovunque lo portassero il pallone e le proprie vulcaniche estemporaneità. E Prato nel mondo matto e importante del calcio non brilla per le perle che ha. A Rossi, invidiato dal mondo, sono dedicate una scultura in un parco e la targa affissa alla casa natale dal privato che l’ha comprata. Le piste ciclabili sono intitolate ai bravi e bravissimi corridori pratesi del passato. Il nome di Rossi non figura neanche su un campetto di bambini che sognano di diventare come lui. Lui, l’uomo che con una partita rese felice tutta l’Italia.

Federica Cappelletti, moglie di Paolo Rossi, abbraccia la scultura dedicata al marito

 

Buongiornoprato@tvprato.it

disegno di Marco Milanesi