Serena Malpaganti: “Ho trasformato la mia casa in museo del presepe. Aperto a tutti”
La collezionista pratese espone in piazza San Pietro una delle numerose rappresentazioni della Nativitá che possiede
“Sono nata in casa. Facevamo il presepe e per me e mia sorella era un divertimento, a Natale realizzarlo com’era tradizione. La mamma, credente e praticante,٪ ci teneva tanto. Il babbo, comunista come lo si era in Toscana, non si è mai detto contrario. Aveva le proprie idee e rispetto per quelle degli altri. Il presepe lo aveva comprato il nonno. Un Confalonieri di settant’anni fa. In pasta di carta. Culla vuota fino alla notte di Natale, solo allora appariva il bambino”.
Serena Malpaganti, pratese, è una delle più importanti collezioniste di presepi in italia. Una delle sue numerose Nativitá è esposta per questo Natale in piazza San Pietro.
Altri presepi di Serena sono in mostra a Cerreto Guidi e nella chiesa di Badia a Pacciana di Pistoia. A causa di problemi familiari, quest’anno Serena Malpaganti non allestisce mostre a Prato come accadde nel 2021 nel chiesino di via Garibaldi e lo scorso anno in Provincia. È possibile tuttavia prenotarsi per visitare i presepi che ha allestito nella sua casa di Iolo.
Serena, com’era il presepe di suo nonno da cui è nata la sua passione?
“Artigianale, con tutti pezzi apparentemente diversi l’uno dall’altro. L’azienda Confalonieri li realizzava tutti uguali, al grezzo, con gli stampini. Poi li inviava a rifinire e dipingere alle lavoranti a domicilio. In genere, donne di casa: madri, nonne che improvvisano o seguivano l’ispirazione del momento: chi dipingeva capelli neri, chi biondi. Senza ansie filologiche. Così non ci sono figure perfettamente uguali fra loro”.
A quel presepe trovato in casa ne ha accostati molti altri.
“Ho cercato di ampliare quello del nonno, cercando figure originali nei mercatini e sui siti. Dove però si vendono lotti, presepi interi. Mi sono fatalmente fatta tentare da altri presepi, altri materiali. Esistono presepi in bachelite, celluloide, gesso, legno, terracotta…”.
Serena Malpaganti
Quante Betlemme possiede?
“Complessivamente ho una trentina di presepi, per un totale di circa 1500 fra personaggi e figure. Ma limitarsi a definirli ‘Betlemme’ è riduttivo”.
Perché?
“I presepisti hanno coperto l’intero arco temporale della nascita e del primo periodo della vita di Gesù. Io stessa possiedo rappresentazioni che vanno dall’Annunciazione, dell’angelo che comunica a Maria la futura maternità fino alla fuga in Egitto della Sacra Famiglia. Presepe non è solo la notte di Natale. E non resta fermo a quella notte di Natale, all’originale”.
In che senso?
“Nella tradizione italiana dagli anni Trenta agli anni Cinquanta il presepe si popola di figure contemporanee: accanto ai pastori palestinesi nei loro abiti tradizionali, spuntano contadini e contadine in abiti moderni. E sono raffigurati artigiani, mestieri del nuovo tempo. Un modo per non bloccare la Natività a un momento storico, ma farne partecipi in senso evolutivo gli uomini di ogni luogo ed ogni epoca”.
Si attualizza ancora oggi? Ci sono computer o telefonini che spuntano attorno alla capannuccia?
“Non ne ho mai visti”.
A Napoli attualizzano molto.
“Sì, ma non riproducendo gli oggetti del nostro tempo. A Napoli si inseriscono nel 0 presepe personaggi contemporanei. Quando vado a Napoli a Natale mi sento come una bambina felice. Presepe in ogni chiesa, nelle vetrine dei negozi”.
Popò
Prato è sensibile, alla tradizione del presepe?
“Molto, a giudicare dalle oltre cinquemila visite registrate alla esposizione dei miei presepi lo scorso anno nella sala del Gonfalone della Provincia e dal successo nel 2021 al chiesino di via Garibaldi. In certi momenti bisognava chiudere le porte, tanta era la ressa. Inoltre, soprattutto nelle frazioni non si spezza mai la tradizione di realizzarli nelle chiese”.
Perché quest’anno non espone nella sua città?
“Per ragioni familiari. Non avrei modo di esser presente per accogliere i visitatori, raccontare le Natività, spiegarle. Ho preferito rimandare, rinunciando a uno dei più grandi piaceri che derivo dalla mia passione per i presepi”.
Quale?
“Quello di risvegliare la voglia di realizzarne, in chi non ricordava più di possederne uno. Sapesse quante persone lasciando le mostre mi hanno detto: in soffitta dovrei averne uno, vado a cercarlo, per rifarlo in casa”.
E chi non ne ha uno vecchio in soffitta. Quanto costa un presepe?
“Ce ne sono di tutti i prezzi. In base ai materiali e alla complessità. Una Sacra Famiglia possono permettersela tutti con poche decine di euro”.
Uno dei presepi esposti in casa di Serena Malpaganti
A quale dei suoi presepi è più affezionata?
“A quello del nonno, realizzato una volta fra le radici di un olivo”.
Non potendo uscire, lei ha trasformato la sua casa di Iolo in museo del presepe. Aperto a tutti.
“Sì. Ho una casa grande, ne ho allestiti un po’ ovunque. Chi voglia visitarli, può contattarmi al numero 349 7264571. I presepi sono in via XXVII aprile 16“.
Iolo, dove lei abita è un paese (ancora paese, non solo periferia) dai due volti: un nucleo storico e un’espansione residenziale vastissima. Famiglie indigene e forte immigrazione.
“Non abbiamo problemi di convivenza. Ma il ritratto che ha fatto si riverbera sulla considerazione del presepe. In parrocchia c’è, ogni due anni anche nella forma del presepe vivente. Ma un’amica insegnante mi dice che nella scuola elementare del paese, come in tutte le altre, non solo non si realizza il presepe, ma che lei stessa si è sentita raccomandare di non fare riferimenti alla religione, sotto Natale. Come si fa a non parlare del Natale, a Natale?”.
Succede nella scuola pubblica.
“Nelle scuole private il presepe si fa. Mi aveva contattato San Niccolò per allestire lì una mostra, ma ho dovuto dire di no, non avendo possibilità di seguirla di persona “.
Le sue figlie la seguono, nella sua passione?
“Sì, mi aiutano nell’allestire le mostre, si divertono. Hanno 12 e 15 anni. Spero continuino, ovviamente in piena libertà”.
Trova che il presepe abbia contenuto non rispettosi o non tollerabili dai non credenti?
“Il presepe fu inventato da San Francesco in una versione e in un contesto poverissimi. Indirizza un messaggio di vita e di amore che dovrebbe valere o almeno essere tollerato da tutti. Invece per rispetto di altri si finisce per non rispettare noi stessi. Ma vedo che chi raccoglie il messaggio del presepe, poi è portato ad allestirlo a casa. In piena libertà. Questa in fondo è la cosa più bella”.