Ma perché i giovani cinesi non praticano il calcio né gli altri sport?
In altre regioni addirittura guardalinee orientali. Qui pochissimi giocatori, nessun allenatore, dirigente, sponsor
Su Repubblica di venerdì scorso, nella rubrica Pietre, diario quotidiano del razzismo in Italia curato da Paolo Berizzi, la notizia che alla fine di una partita del Cavarzano la squadra avversaria ha rivolto offese alla terna arbitrale, in particolare a uno dei guardalinee di originecinese, Stefano Hu. Sul referto arbitrale sono finiti i cori di discriminazione razziale.
Il Cavarzano in questione non è il borgo nel comune di Vernio, ma l’omonima località in provincia di Belluno. La gara era contro il Caorle, squadra della città metropolitana di Venezia. La contestazione da parte di tesserati del club ospite è avvenuta dopo il 2-0 nella gara nel campionato di Eccellenza veneto.
A sollevare curiosità sono le origini cinesi del guardalinee (quello impegnato nella gara veneta è iscritto agli arbitri di Trieste). Nel calcio pratese non si è mai visto un guardalinee di origine cinese. E neppure un arbitro. E neanche un allenatore o un dirigente. E si vedono pochissimi calciatori. Pur essendo Prato la città con la più elevata percentuale di cinesi residenti o domiciliati d’Europa. Migliaia di giovani, potenziali atleti, ma quelli che praticano lo sport più diffuso, il calcio, si contano sulle dita delle mani. Al Coiano Santa Lucia Prato social club ce n’è uno su 400 iscritti.
“Il calcio non ha attecchito nella comunità cinese, pur essendo uno dei maggiori elementi di integrazione per altrecomunità: albanese, rumena, centroafricana, maghrebina. I cinesi non si vedono, a parte un club di Iolo che ne raccoglie alcuni”, spiega MassimoTaiti, delegato Coni per la provincia di Prato e<span;> vicepresidente del comitato regionale della Lega nazionale calcio dilettanti. Taiti osserva che la disciplina più praticata dai cinesi di Prato è il golf e ricorda che nei primi anni Duemila Prato fu con Bari e Genova al centro di un progetto europeo per l’integrazione attraverso il calcio. Qui era rivolto alla comunità cinese ma di fatto non decollò mai. Eppure qualche anno fa in Cina migliaia di bambini prendevano d’assalto i provini delle squadre cinesi che puntavano a crearsi in casa nuovi calciatori. Quei provini si svolgevano anche sotto gli occhi di MarcelloLippi, che da allenatore dell’Evergrande vinse la Championsasiatica e guidò la Nazionale cinese.
Marcello Lippi al festival Seta Cina 2021
Nel 2021 invitammo Lippi al festival SetaCina chiedendogli cosa fare per accostare al pallone i giovani cinesi. Anzi: avvicinarli allo sport. Lippi spiegò come – prima della pausa per Covid – il calcio esercitava grandeattrazione sui giovani in Cina ma di non conoscere la realtà pratese per indicare soluzioni.
Nelle scuole bimbi italiani si integrano coi coetanei cinesi e di altre etnie. Nel calcio no. Al calcio e allo.sport mancano testa, muscoli, cuori dei piccoli cinesi. E magari pure i contributi, le sponsorizzazioni o i capitali dei loro genitori. Che nessuno butterebbe certamente via.