12 Novembre 2023

Daria Orlandi: “Alluvioni, l’edilizia deve cambiare. Per i giovani volontari è il riscatto dal Covid”

Imprenditrice, presidente di Ance e Cassa Edile, è all'opera nei soccorsi: "Aggiornare esperienze e teorie alle nuove emergenze del clima. Bonus agli operai del settore rimasti colpiti"


 

 

 

 


“Alle sei e mezza del 3 novembre telefonai al sindaco di Montemurlo Calamai per mettere a disposizione l’azienda nelle operazioni di protezione civile. In quel momento mi chiamò anche il Comune di Vaiano per chiedere di intervenire a La Briglia, dove il Bisenzio aveva rotto. Da quel momento non ci siamo fermati”.

Daria Orlandi, 43 anni, presidente di Co.Edil, azienda leader nel settore delle costruzioni industriali, turistiche, civilime stradali,  inizia così il racconto dei giorni che l’hanno vista in prima linea nei luoghi colpiti dagli allagamenti con escavatori medi e piccoli, minipale, camion, mezzi attrezzati. Daria Orlandi si esprime anche nel duplice ruolo istituzionale che ricopre: presiede Ance, la sezione degli imprenditori edili iscritti a Confindustria Toscana Nord e guida la Cassa edile di Prato.

Siete entrati subito in azione?
“Purtroppo abbiamo impiegato del tempo per  recuperare i mezzi che avevamo sparsi fra una ventina di cantieri del territorio. Poi abbiamo lavorato senza sosta per liberare scantinati allagati, recuperare auto trascinate anche per cento metri. Per il futuro servirà un piano di emergenza preventivo più dettagliato, in modo che ad ogni allerta ogni azienda coinvolta nel piano di Protezione civile sappia dal primo momento cosa fare, dove andare”.

Lavori alle frane degli ultimi giorni

Dove siete intervenuti?
“Nel territorio di Montemurlo sul fronte che va da Bagnolo, coperta dal fango, fino a Oste, dove la massicciata della ferrovia ha fatto da diga e la frazione è stata sommersa da un metro e mezzo o due di acqua. Poi, a La Briglia sul Bisenzio”.

Danni, allagamenti, morti. Colpa del clima o dell’uomo?
“Andiamo con ordine. La situazione era complessa perché erano usciti tutti torrenti del reticolo secondario della nostra area a parte la Bure: il Bagnolo, il fosso di Iolo, la Furba a Seano, lo Stella a Quarrata. Il Bagnolo ha scavato un vero e proprio canyon nella montagna, occupava un fronte di quattro metri, ora ha un alveo con ampiezza di  una decina, a tratti quindici metri. In Toscana, dopo l’alluvione del 1966 si è fatto molto per il bacino dell’Arno, ma sul sistema degli affluenti manca ancora molto”.

Il distretto industriale di Montemurlo nacque negli anni Sessanta con un sistema idraulico estemporaneo.
“Ma ha fatto molti passi avanti nella sensibilità in campo della difesa idrogeologica e nel compimento di opere. Coinvolgendo gli stessi privati: l’ampliamento del complesso del Pontetorto, con le nuove sedi di Becosped e Alisped ha previsto la realizzazione di casse di espansione”.

Un cittadino alle prese con la casa allagata

Ma gli allagamenti sono avvenuti lo stesso.
“Qui entra in gioco un complesso di cose. Anzitutto, ostacoli allo scorrimento dei corsi, creatisi nel tempo: garage, piccoli e grandi manufatti, gli stessi orti sugli argini. A La Briglia ci sono case vecchissime, costruite sulla sponda del Bisenzio. Per raggiungere una zona allagata abbiamo dovuto demolire un garage. Ma il fattore umano non si limita a questo”.

Cosa c’è, inoltre?
“Un aspetto immateriale: il bagaglio di esperienza degli amministratori che determinano le regole; dei committenti pubblici e privati che ordinano le opere; dei professionisti che le progettano e delle imprese che eseguono è spesso ancora sedimentato su un sistema climatico superato dai fenomeni recenti. Tutti dovremmo aggiornarci”.

Quindi è convinta che il clima sia cambiato?
“Fra aprile e maggio scorsi una grandinata provocò nella nostra area uno strato di ghiaccio che non si disciolse per giorni, in piena primavera. Lavoro da 23 anni in questo settore e non ho mai assistito a fenomeni nuovi come nell’ultimo anno e mezzo. Dobbiamo  rileggere il modo in cui ci accostiamo al lavoro, riconsiderare la nostra esperienza, aggiornare la parte teorica. Noi imprese abbiamo la responsabilità nella fase conclusiva della filiera edilizia, anche se spesso, per queste ragioni, dobbiamo allargare un poco il nostro raggio d’azione”.

Come cambiare?
“C’è un’espressione, bomba d’acqua molto utilizzata e francamente insopportabile. Autoassolutoria, allo scopo di  far ricadere ogni responsabilità su una natura imprevedibile. Certo, il clima mostra cambiamenti, sta all’uomo coglierli. Senza risalire ai massimi sistemi, fra chi progetta le opere e chi le esegue si deve procedere di pari passo”.

Lei invita a modificare la sensibilità verso questa materia e i metodi di progettazione e costruzione. Può farci degli esempi?
“Sì, due, venuti alla luce proprio in questi giorni di allagamenti. La Protezione civile del Piemonte giunta in soccorso in Toscana, ha attrezzature pazzesche rispetto alle nostre. Sembra di essere tornati all’unità d’Italia, quando fra zone del Paese emergeranno differenze profonde nei vari settori della società. L’altro segnale viene da un nostro cliente di Agliana, proprietario di due capannoni. Quello vecchio è sommerso, quello che abbiamo costruito noi nel 2020 è rimasto indenne. Mi ha scritto per ringraziare”.

Mobili danneggiati nelle case e trasportati in strada

I soccorsi dopo gli allagamenti sono anche un viaggio nella sofferenza.
“Stringe il cuore assistere alla perdita di tutto ciò che una famiglia ha messo da parte in una vita. Compresi ricordi, giochi di bambini, album fotografici, pezzi di intimità. Fra le macerie si leggono inoltre evidenti segni di povertà, alla quale si aggiungono ora gli effetti del disastro”.

C’è stata tanta spontanea solidarietà.
“Che si è manifestata a molti livelli. Con la gratitudine di chi riceveva soccorsi e pur trovandosi  nel massimo disagio cercava di aiutarci. Con un caffè, offrendoci dolci, cibo. Poi, il presentarsi di tanti volontari spontanei, con qualche scintilla sorta nel gestirne impeto e foga, rispetto alle razionali necessità di un’organizzazione che sta affrontando una calamità. Ma vorrei dire due cose, una da imprenditrice, l’altra da mamma”.

Prego.
“Ringrazio i dipendenti della mia azienda che non hanno esitato a sobbarcarsi turni di quattordici ore, nel fine settimana in cui fummo chiamati ad operare per somma urgenza. Non c’è stato bisogno neppure di chiamarli. Molti si sono presentati direttamente”.

Giovani volontari in azione

E da mamma cosa ha scoperto?
“Ho osservato gli adolescenti e i ragazzi, che si sono presentati equipaggiati con stivali, guanti, pale, formando catene umane per togliere con i secchi l’acqua rimasta negli scantinati. Senza lamentarsi per la fatica, lasciando il cellulare nelle tasche. Hanno vissuto il riscatto del periodo del Covid, trascorso nell’inerzia, rinchiusi nella propria camera”.

Per entrare nelle camere, nelle cucine, nei salotti di altre persone, rimasti allagati

“Per molti ragazzi è stata la prima volta in cui hanno fisicamente effettuato un’attività, in cui  hanno operato direttamente. Un’esperienza che li aiuterà a crescere, che non dimenticheranno”.

Quando tutto sarà asciutto per le imprese dell’edilizia ci sarà un piccolo mondo da ricostruire.
“In questo momento pensiamo ai nostri operai, ai dipendenti. La Cassa edile di Prato ha accantonato 180 mila euro da destinare a quanti – ne abbiamo calcolati circa 600, iscritti ai nostri elenchi risiedono nelle vie colpite dagli allagamenti. Faremo altrettanto per Firenze e Pistoia. Un aiuto per ricominciare”.

 

disegno di Marco Milanesi