Il lettore Giorgio Risaliti risponde al Buongiorno Prato di ieri 26 settembre 2023, riguardo alla mancata valorizzazione che la città ha sempre fatto di Lorenzo de Medici quale mecenate che volle e finanziò la costruzione della basilica delle Carceri. “E si voleva che Prato riconoscesse meriti a un fiorentino? I pratesi hanno fatto benissimo ad oscurarlo”.
Adoro il campanilismo come perpetuazione di sentimenti antichi e resistenza alla società globale e all’appiattimento che questa comporta anzitutto nei consumi e nella cultura. Però, pare un suicidio nascondere la paternità di Lorenzo sulla bssilica delle Carceri. Paternità non solo economica, ma anche intellettuale perché estesa all’ispirazione del progetto, poi realizzato da Giuliano da Sangallo.
Il Magnifico, la sua fama, la fortuna nei secoli e la sua figura non hanno bisogno di essere amplificate dal riconoscimento della committenza pratese. Al contrario, Prato ha tutto da guadagnare dall’attribuzione della sua chiesa al mecenate per antonomasia della storia post classica. Specie accostandolo a Federico II, altro grande governante e patrono delle arti, presente col Castello dell’Imperatore nella stessa piazza in cui sorge la basilica. Altre città avrebbero senz’altro costruito narrazioni bellissime sulla coincidenza di aver riuniti in una piazza i frutti dell’ingegno e della generosità di due personaggi di tale rango. I bimbi delle scuole avrebbero imparato la storia e disegnato l’imperatore e il signore nella piazza con alle spalle gli edifici da loro voluti. Altrove, anche molto vicino, la storia patria è materia quasi curriculare. A Prato, almeno dal dopoguerra le scuole sono state impegnate a integrare bimbi “pratesi di sangue e pratesi di suolo” e lo hanno fatto molto bene. Hanno lavorato sul presente e non sul passato. Puntando a costruire piccoli bravi uomini e non storie.
Se l'”oscuramento” di Lorenzo il Magnifico è accaduto, speriamo sia per questa ragione e non per quella indirettamente evocata da Risaliti: il campanilismo, residuo del risentimento profondo, anzi dell’odio verso Firenze e i Medici maturato col Sacco di Prato del 1512, venti anni esatti dopo la morte di Lorenzo. Prato ne uscì distrutta moralmente oltreché decimata e impoverita. Si rialzerà senz’altro nell’800, col vento della Rivoluzione industriale che allungò il soffio anche qui. Comprensibile, che Prato oscurasse la memoria di tutto ciò che appartenesse ai Medici e a Firenze. Ma non si può buttare la croce su Lorenzo. Prendiamo il suo gesto come un risarcimento anticipato del Sacco, voluto da suoi discendenti senza scrupoli e senza pietà.
E godiamo del lascito di immagine lasciato su piazza delle Carceri dai due mecenati antichi Federico II e Lorenzo il Magnifico. Un lascito che al tempo stesso non ha prezzo, ma non costa niente. Intanto, nell’immediata periferia la città si dissangua da anni per dare senso e contenuti al dono di un museo da parte di un mecenate contemporaneo.
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disegno di Marco Milanesi