7 Settembre 2023

Liberazione, l’albero di Ebensee mette radici a La Querce. Intitolato un giardino al confinato politico Rolando Nannicini

Alla piantumazione erano presenti anche i sindaci di Ebensee e Wangen, mentre all'intitolazione è intervenuto anche il sindaco di Latronico Fausto De Maria


Doppio appuntamento con la memoria stamani nell’ambito delle celebrazioni per il 79° anniversario della Liberazione della città dall’occupazione nazifascista: a La Querce ai giardini comunali di fronte alla chiesa di San Luca evangelista è stato piantato un albero, uno Schinus Molle come si dice in botanica o “falso pepe”, da parte della delegazione di Ebensee, cittadina austriaca, gemellata con Prato, insieme ai rappresentanti dei “gemelli” Wangen e di Sarajevo. Si tratta in pratica del completamento della panchina donata l’anno scorso nello stesso giardino dalla città di Wangen: l’albero, piantato simbolicamente dai tre sindaci Matteo Biffoni di Prato, Sabine Promberger di Ebensee e Michael Lang di Wangen farà infatti ombra ai cittadini che si siederanno sulla panchina. E per rafforzare il legame di gemellaggio – che quest’anno festeggia 35 anni – l’albero è stato innaffiato con acqua proveniente dal lago Traunsee di Ebensee – che i delegati ospiti hanno portato con loro – e acqua di Prato.

Subito dopo il giardino vicino al Ponte Datini sulla pista ciclabile Fausto Coppi che corre lungo il Bisenzio è stata intitolata a Rolando Nannicini, perseguitato dal fascismo e confinato politico a Latronico, provincia di Potenza. Oltre alla figlia Fiorella e ai nipoti Riccardo, Andrea ed Angelica erano presenti il sindaco di Latronico Fausto Alberto De Maria, la consigliera per la cultura Giulia Bianco, gli assessori Benedetta Squittieri, Gabriele Bosi e Ilaria Santi, Enrico Iozzelli del Museo della Deportazione e Resistenza e il presidente del Consiglio comunale e presidente di Aned Gabriele Alberti.

Rolando Nannicini, operaio tessile ed antifascista nato nel 1911, nel 1942 venne condannato a due anni di confino da trascorrere proprio nel piccolo centro abitato lucano, situato nel parco nazionale del Pollino. Ma qui trovò generosità ed accoglienza e anzi a salvarlo dalla deportazione nei campi di concentramento tedeschi fu proprio uno stratagemma ideato dagli abitanti di Latronico, che gli certificarono una malattia grave.
Il 24 agosto 1943 tornò a Prato dopo un anno e mezzo di confino e riprese il suo lavoro di operaio e alla fine degli anni cinquanta aprì una propria rivendita di tessuti. Ma non dimenticò la gentilezza dei cittadini di Latronico. Consapevole delle difficoltà economiche e della diffusa disoccupazione che attanagliavano il paese lucano, appena ne ebbe la possibilità chiese ad alcuni latronichesi di andare a lavorare per lui, dando così inizio a un flusso migratorio che nel corso del tempo si è ingrandito e ha portato molte famiglie di Latronico a stabilirsi a Prato. Una storia insomma di reciproca solidarietà da cui è nata l’amicizia che lega Prato e Latronico.