Pochissimi biglietti al Museo Pecci. Il Pecci costa tanto e rende praticamente nulla alla città. È un fiore all’occhiello che mangia risorse e non porta turisti. Va trovata una formula. Privatizziamolo. Anzi, chiudiamolo. Facciamoci una scuola. No, un supermercato.
Mille voci, in questi giorni attorno alle sorti del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, da poco trasformato definitivamente in Museo. In strada, capita di sentirsi chiedere cosa ne sarà del Pecci, con la stessa incuriosita apprensione che, negli anni, noi cronisti ormai incanutiti, abbiamo registrato (scusate l’accostamento fra temi) per gli acquisti del Prato, quando del Prato si respirava un futuro; per le sorti della Cassa di Risparmio; per le candidature del centrodestra e alle primarie del centrosinistra; per i treni rimasti dopo la tav; per il centro di Scienze naturali di Galceti; per la Motorizzazione; per i dipinti di Palazzo degli Alberti che Zonin portò a Vicenza.
Proprio la mobilitazione che si registrò dieci anni fa per le opere d’arte della ex Cassa di Risparmio e l’attenzione collettiva tributata oggi al Pecci suggeriscono una conclusione: per i pratesi l’arte è come l’aria: ci se ne accorge solo quando sta per mancare. Allora, pochissime persone avevano visitato la Galleria degli Alberti e ne conoscevano i contenuti; oggi pochi hanno frequentato (parlano i numeri) il Pecci. Ma in entrambi i casi si registra grande interesse alla causa: all’unanimità nel 2014 fu chiesto il rientro delle opere, a maggioranza oggi si auspica che il Pecci rimanga, magari più fruibile e comprensibile, ma rimanga.
Ecco, sarebbe bene che l’afflato verso l’arte dimostrato nei momenti in cui l’arte rischia di andar perduta, si trasformi in interesse per l’arte che c’è. Di tutte le epoche, di ogni genere. E in molti casi di assoluto livello. In una Prato che ha esaurito da tempo l’abitudine a trascorrere altrove il tempo libero, i nostri musei, le nostre chiese, i nostri palazzi storici o contemporanei potrebbero assolvere al ruolo che vent’anni fa ebbero le piste ciclabili nell’indicare a una città diventata un po’ meno ricca e più stanziale come trascorrere il week end rinunciando ai viaggi e alla Versilia. Con visite guidate straordinarie e magari cambiando un po’ il modo di raccontarla, far sì che la Prato dell’arte sorprenda chi ci vive.
E i pratesi diventino finalmente i primi turisti della loro città.
Buongiornoprato@tvprato.it
disegno di Marco Milanesi