In caso di inflazione si alzano i tassi d’interesse. Se i conti sono in rosso si licenziano lavoratori. Ricette semplici, che un alunno diligente delle superiori saprebbe indicare e prenderebbe un buon voto. Il brutto è che ad applicarle con ostinazione sono grandi banchieri con molteplici lauree e dottorati e master e curricula come elenchi del.telefono cui sono affidate istituzioni che rappresentano o appartengono alle comunità, ai popoli. A noi. Non alle imprese-banche che devono produrre utili e fare affari. Ma a noi.
Da chi governa quelle istituzioni, che siano una grande Banca centrale o un asmatico centro d’arte di provincia si aspetterebbe qualcos’altro, rispetto alla soluzione suggerita dai libri delle scuole medie. Intorno, sono successe cose straordinarie: una pandemia, una guerra nella pacifica Europa. Il mondo è cambiato, loro applicano leggi e leggine codificate. Il tecnocrate pensa a salvare i numeri. Il politico alle conseguenze su di “noi” (ma poi manda le banche a catafascio). L’artista Immagina, crea il diverso, sorprende, cambia. Nessuno pretende un Picasso alla Bce, ma un tocco di fantasia al Pecci, sì. Presidente Bini Smaghi, bastava girarsi intorno, per per ispirarsi.
Se l’Europa è ripiegata e in crisi – e forse in inconsapevole liquidazione – se i popoli non ne hanno mai avvertita appieno l’appartenenza, se la considerano un palazzo lontano dal cuore di ghiaccio dipende in queste ore per un continente intero dai mutui per la casa o l’auto che sgomentano imprese e famiglie. Qui, a Prato un pochino anche dal Museo Pecci.
disegno di Marco MIlanesi