E’ il terzo piano strutturale della storia di Prato quello elaborato dalla giunta Biffoni e che va a dare gli indirizzi di sviluppo urbanistico della città per almeno il prossimo decennio. Un piano adottato a maggioranza in consiglio comunale e che nella prossima primavera verrà definitivamente approvato. Le nuove previsioni trasformano in edificabili 17 ettari di suolo agricolo, dei quali la metà destinati a una nuova scuola media a Grignano e all’ampliamento dell’impianto sportivo di Iolo. E poi consentono in area urbana la costruzione di 27 ettari di nuove edificazioni che genereranno 315 ettari di standard pubblici, cioè di opere a disposizione della cittadinanza. La maggior parte delle nuove costruzioni avviene ai macrolotti e nelle zone artigianali. In particolare l’idea è quella di costruire 117 ettari in altezza, cioè sopra edifici produttivi già esistenti, rendendoli a più piani.
“Sarà una città che non consuma suolo ma che crescerà in alto, anche perché non possiamo fermare la capacità produttiva della nostra città. Attraverso lo sforzo di tutti quanti, compresa l’Amministrazione comunale, la nostra città diventerà sempre più verde – afferma il sindaco Matteo Biffoni -. Le Amministrazioni che si succederanno troveranno un piano operativo e strutturale con delle caratteristiche che secondo noi una città moderna deve avere. Una città che prova a pensare esattamente a quello che vuole essere tra 50 anni”.
Il piano strutturale va anche a tutelare aree industriali ritenute identitarie. Si tratta di 654mila metri quadrati di edifici, che avranno particolari tutele. “Il Piano Strutturale proietta la città nei prossimi decenni e lo fa con zero consumo di suolo agricolo e con il recupero e l’incentivo ad utilizzare il costruito esistente lavorando nella logica di preservare e tutelare i temi ambientali, portando anche un contributo allo sviluppo delle aree industriali – commenta l’assessore all’Urbanistica e Ambiente Valerio Barberis -. Prato in circa 50 anni è stata capace di costruire 2 milioni e mezzo di superfici coperte di edifici industriali a servizio dei sistemi distrettuali. Su queste aree c’è una strategia: sono pianificate e collocate bene, servite da assi industriali e connesse alla Tangenziale e ai sistemi distrettuali e questi 2 milioni e mezzo di metri quadrati potranno avere un’evoluzione in altezza, trasformando questi luoghi da aree che generano comunque problemi di natura ambientale, come le isole di calore, ad eco-parchi industriali in cui il Piano Strutturale contiene 1,2 milioni circa delle loro superfici industriali “sui tetti”. Una sorta di Macrolotto 3, ma sopra le fabbriche”.