In centinaia a La Briglia per Paolo Crepet: “Non ce l’ho con il digitale, ma è un limite. E l’educazione non è democratica”

Il noto psichiatra e sociologo ha parlato di scuola, famiglia e adolescenti con il filo conduttore: "Il coraggio di lasciarli sognare”


L’educazione dei figli, il ruolo della scuola. L’attesa come scintilla di desiderio e di creatività, il conflitto generazionale come fattore di crescita. Sono alcuni dei temi affrontati nella conferenza tenuta ieri dallo psichiatra e sociologo Paolo Crepet a la Briglia di Vaiano, ospite dell’associazione AttuttaBriglia. Un incontro apprezzatissimo e molto partecipato: centinaia le persone intervenute ieri sera in piazza della Chiesa.
“Il coraggio di lasciarli sognare” era il titolo dell’incontro. Tra considerazioni su temi di attualità, esperienze personali e professionali, citazioni letterarie e cinematografiche, Crepet ha sferzato il mondo della scuola, sottolineandone le derive burocratiche e tecnologiche (i registri elettronici, le chat dei genitori) e presentando modelli alternativi. Come la scuola in Danimarca dove i bambini si preparano i pasti in cucina alle elementari: “Fatelo fare da lunedi in una scuola elementare di Firenze. Ma avete una vaga idea di quanti avvocatoni si alzerebbero a prendere appunti e a convocarti al tribunale? Perchè a noi non piace l’idea che un bambino cresca autonomo”.
La buona scuola fatta di “maestri che sorridono, contenti di andare ad insegnare, non di andare in pensione”. E ancora la scuola del tempo pieno, fino alle 16,30, “E poi basta, lasci i libri e ti occupi di altro, ma magari in quelle ore lì, oltre a italiano e matematica, fai anche teatro – ha detto Crepet – Vi dà fastidio capire in adolescenza che corpo hai? È cosi complicato? E come lo capisci il tuo corpo? Su Instagram? Perchè quello strumento abbiamo dato loro a disposizione. Funziona cosi oggi”.

A chi gli chiede un giudizio sul caso di Rovigo, dove sono stati promossi con 9 in condotta (poi sceso a 7 dopo l’intervento del ministro dell’istruzione) i ragazzi che avevano sparato dei pallini ad una professoressa, Crepet non ha usato mezze misure: “Pietà di noi adulti, la scuola è stata abbattuta”.

Crepet ha riflettuto sul digitale e la tecnologia “non ce l’ho con loro, ma è un limite”, sull’istantaneo che nel mondo di oggi ha soppiantato l’attesa, quella “cosa meravigliosa che ci dice qualcosa della civiltà”, perché alimenta il pensiero, la fantasia, il desiderio, elementi da coltivare fin da bambini.

Il professore si guarda intorno, vede l’immagine dell’ex fabbrica Forti sullo sfondo della piazza della Briglia riqualificata e dice: “Quella è la fabbrica, quel triste mondo antico, doloroso mondo antico. E adesso noi cosa fabbrichiamo: gli influencer? Un po’ ce l’ho con loro…perchè uno che si alza la mattina e mi deve dire di che colore devo mettere le calze, francamente…” allarga le braccia lo psichiatra, per poi celebrare l’autonomia e la libertà, citando anche l’insegnamento di don Milani.

Dalla scuola, alla famiglia e al ruolo dei genitori, cambiato nel tempo. “Siamo passati dal contestare i nostri genitori ad essere schiavi dei propri figli” ha detto Crepet, che ha richiamato gli adulti a comportarsi come tali: “I nostri ragazzi hanno bisogno di regole e di figure autorevoli, non dei genitori amichetti”.

Crepet ha sollecitato i genitori ad essere “Capitani” come il professore dell’Attimo fuggente e ha dato una scossa anche ai ragazzi: “Prendete treni, andate in Europa e parlate con i vostri coetanei, infarinatevi di curiosità e non dite come i vostri genitori che nella vita ci vogliono soldi, raccomandazione e culo”. Perchè il conflitto generazionale è sano ed auspicabile.

Dario Zona