Dieci anni e quattro mesi di reclusione. E’ la condanna inflitta dalla Corte d’assise d’appello di Firenze a Matteo Valdambrini, il 26enne di Montemurlo arrestato dalla squadra mobile fiorentina nel giugno del 2020 con l’accusa di essere a capo di una setta e di aver costretto i suoi adepti a subire atti sessuali, con il fine dichiarato rimuovere “blocchi mentali” per evitare maledizioni, dopo averli convinti di essere il ‘Diavolo’.
In primo grado, il giovane era stato condannato in rito abbreviato a 6 anni di reclusione per cinque delle tredici violenze sessuali contestate e assolto dall’accusa di riduzione in schiavitù, il più grave dei reati contestati, che da solo prevede pene edittali tra gli 8 e i 20 anni.
Oggi, la Corte di Assise di Appello ha ribaltato il verdetto su molti capi di accusa: è rimasta l’assoluzione per un solo caso di violenza sessuale ed è giunta la condanna per 12 episodi, alcune dei quali in danno di minori. I giudici di secondo grado hanno ritenuto provata anche la costituzione di una setta e la riduzione in schiavitù dei suoi adepti. Il processo di appello si è celebrato dopo il ricorso del sostituto procuratore generale Angela Pietroiusti – che da pm aveva coordinato le indagini della squadra mobile – la quale nella sua requisitoria ha chiesto una pena di 12 anni per Valdambrini.
I legali dell’imputato – gli avvocati Edoardo Orlandi, Sigfrido Fenyes e Piernicola Badiani – che nel corso dei processi hanno contestato le modalità di gestione dell’inchiesta e di assunzione delle testimonianze, aspettano di leggere le motivazioni della sentenza (attese entro 90 giorni) ma già preannunciano ricorso in Cassazione. Dopo un anno trascorso agli arresti domiciliari, Matteo Valdambrini è soggetto al divieto di avvicinamento alle persone offese.