Tutto è partito dalla denuncia al sindacato di un lavoratore senegalese che ha posto all’attenzione una situazione di sfruttamento nell’azienda a conduzione cinese dove era impiegato. L’indagine ha poi sollevato un complesso sistema di gestione illecita delle commesse pubbliche di fornitura dei dispositivi di protezione per il Covid. L’indagine, condotta dalla squadra mobile pratese e coordinata dalla procura di Prato, ha portato all’emissione di 16 misure cautelari a danno di cinesi ed italiani (4 delle quali in carcere). Altre 11 persone sono indagate.
I riscontri della polizia prima hanno fatto emergere lo sfruttamento in varie aziende a conduzione cinese del distretto di lavoratori stranieri in stato di bisogno, impiegati fino a 12 ore al giorno anche nei festivi per la fabbricazione di dispositivi sanitari. Poi hanno rivelato che la produzione di quei dispositivi sarebbe stata effettuata irregolarmente.
Il Consorzio Gap, azienda romana che si era aggiudicata l’appalto pubblico con il commissario straordinario per l’emergenza covid e la Regione Lazio per produrre dispositivi di protezione per il covid – secondo la Procura avrebbe infatti violato la norma sugli appalti pubblici, che prevede il divieto di subappalto, subappaltando la commessa ad alcune aziende cinesi del distretto pratese.
Il Consorzio romano sarebbe stato modificato al bisogno per recepire la commessa pur non avendo la struttura e le capacità per soddisfare le richieste della pubblica amministrazione committente – avvalendosi poi indebitamente del subappalto ad alcune aziende cinesi di Prato che a loro volta operavano violando le norme in materia di lavoro, igiene e sicurezza.
Addirittura il lavoro sarebbe stato ulteriormente subappaltato ad aziende terziste in diverse province italiane.
Grazie al lavoro a nero e allo sfruttamento il guadagno sulla commessa veniva massimizzato. L’appalto aggiudicato dal consorzio romano prevedeva la fornitura di milioni di camici e tute per i sanitari degli ospedali durante l’emergenza covid. Un appalto da oltre 80 milioni.
Oltre alla violazione del divieto di subappalto la Procura contesta la frode nelle forniture e la truffa ai danni dello Stato, dato che il Consorzio avrebbe importato tute protettive fabbricate in Albania nonostante la commessa prevedesse l’obbligo di produrre dispositivi in Italia.
E’ stato infine disposto il sequestro preventivo di beni per 43 milioni di euro nei confronti di 6 indagati riconducibili alla gestione di fatto o di diritto del consorzio romano.
“L’indagine della squadra mobile della questura di Prato conferma come la provincia di Prato sia centro nevralgico a livello nazionale della produzione tessile e manifatturiera sia legale che illecita – ha dichiarato il questore Giuseppe Cannizzaro – La violazione dei diritti dei lavoratori, delle norme in materia di sicurezza e previdenza comporta un abbattimento dei costi di produzione che attira sistemi criminali di portata nazionale. Inoltre l’inchiesta conferma come la criminalità cinese abbia superato la tradizionale endogamia e avii collaborazioni col crimine italiano”.