Sono tanti i problemi che affliggono il trasporto pubblico locale, a cominciare dalla difficoltà a reperire (e mantenere) personale e autisti. In Toscana la situazione è in stallo, con i nodi che si serrano anziché sciogliersi e neppure dopo il tribolato passaggio gestionale ad una sola azienda, Autolinee Toscane, è stato possibile apprezzare gli auspicati benefici, né di servizio, né di organizzazione, né di consistenza del personale. E’ la valutazione della Fit Cisl Toscana, che segnala un fenomeno impensabile fino a poco tempo fa: i neoassunti in un’azienda di TPL continuano a cercare lavoro e si dimettono alla prima occasione utile. “Segno che qualcosa evidentemente non va in termini di condizioni di lavoro e di salario” commenta la Fit-Cisl Toscana, che in una sorta di lettera-appello chiama tutti i soggetti che hanno interessi e voce in capitolo in questo settore (sindaci, Città metropolitana, province, Regione, Autolinee Toscane, Cispel e organizzazioni sindacali) a “confrontarsi, senza interessi di bandiera o di gradimento, senza fughe in avanti” per uscire da questa situazione bloccata, “perché dopo uno stallo c’è il forte rischio di una picchiata incontrollabile.”
Qui sotto, i passaggi principali dell’intervento della Fit-Cisl Toscana.
Tanti i problemi che affliggono il trasporto pubblico, tra questi la difficoltà a reperire personale e nuovi autisti, causata principalmente dei bassi stipendi di ingresso per questi lavoratori, problemi che non affliggono solamente il nostro territorio, ma si riverberano anche su scala nazionale e su altre importanti società del paese.
Sul livello nazionale, il TPL soffre una eccessiva frammentazione di aziende, scarsa programmazione e integrazione dei servizi, poca lungimiranza o progettazione a medio-lungo termine, investimenti vicini allo zero se non per l’acquisto di nuove vetture (però con finanziamenti pubblici), manutenzione minima.
In Toscana, la gara a lotto unico regionale doveva evitare proprio alcune delle problematiche sopra elencate, affidando il servizio a una sola azienda e garantendo le risorse per 11 anni in modo da programmare sul lungo periodo, migliorando così efficienza e servizi.
Ad oggi, a causa di motivi che gli addetti ai lavori conoscono sin troppo bene, non ultimo il tribolato passaggio gestionale ad una sola Azienda, non è stato possibile apprezzare gli auspicati benefici, né di servizio, né di organizzazione, né di consistenza del personale.
Varie le soluzioni pensate, fra queste l’accademia, un bacino dove attingere per le nuove assunzioni, e al contempo per dare ai giovani la possibilità di ottenere senza dover esborsare cifre esorbitanti, che non tutti possono permettersi, la patente CQC, indispensabile alla guida dei mezzi. Sicuramente una buona iniziativa, ma non risolutiva dei problemi. Come non possono essere soluzioni le integrazioni salariali una tantum, che per loro natura, tamponano la situazione ma senza risolverla strutturalmente.
Poi assistiamo ad un fenomeno impensabile fino a poco tempo fa: i neo assunti in un’azienda di TPL, qualsiasi essa sia, continuano a cercare lavoro, e si dimettono alla prima occasione utile. Prima fare l’autista era un’ambizione, un punto di arrivo, una soddisfazione. Oggi è un passaggio in attesa di meglio. Bisogna avere ben chiaro perché accade questo. Bisogna capire come arginare il problema, perché, decine e decine di dimissioni volontarie ogni anno, in aggiunta al turnover dei pensionamenti, saranno un danno che le società non si potranno più permettere.
Per cercare di risolvere queste problematiche, le associazioni datoriali, in sede negoziale, continuano a chiedere maggiori flessibilità e produttività ai lavoratori, non rendendosi conto di quanto sia già stressante, pericoloso, pieno di responsabilità e usurante fisicamente questo lavoro. Così facendo nessuno avrà desiderio di venire a lavorare nel TPL. La strada da intraprendere è proprio l’opposto di questo; da tempo proponiamo per questi lavoratori maggiori garanzie e tutele soprattutto economiche e di conciliazione vita-lavoro. Ma per questo servono nuove e maggiori risorse economiche, come ad esempio dagli enti locali relativamente ai lotti deboli, o maggiori entrate da bigliettazione (abbattimento dell’evasione tariffaria).
Il paradosso è che questo scenario si sviluppa in un contesto storico favorevole per il trasporto pubblico. Dopo gli anni bui del Covid che hanno causato una perdita strutturale di circa il 30% dei passeggeri, la guerra e gli aumenti spropositati dei carburanti e dell’energia in generale, la domanda di trasporto collettivo è in costante aumento, i cittadini chiedono un trasporto pubblico sempre più efficiente e puntuale. Pertanto, bisogna prendere coscienza che gli argomenti non sono scollegati, che le scelte non più rinviabili, e che devono essere coordinate e ben studiate a sostegno della domanda. Occorre intervenire con soluzioni strutturali (non a spot) per rilanciare il settore, e questo meglio farlo prima che si entri nella fase di discussione/attivazione dei T2 (lotti deboli) della gara regionale, che porteranno ulteriori criticità. Oggi dobbiamo recuperare quel 30% di passeggeri e posizionare l’asticella ancora più in alto. Dobbiamo fare in modo che il TPL diventi un settore sostenibile economicamente, socialmente e ambientalmente, sia per chi ci lavora e per chi ne usufruisce. Altrimenti lo stallo non finirà mai.
Sindaci, Città Metropolitana, Province, Regione Toscana, Autolinee Toscane, Cispel Toscana insieme alle OO.SS. devono confrontarsi adesso, senza interessi di bandiera o di gradimento, senza fughe in avanti. Perché dopo uno stallo c’è il forte rischio di una picchiata incontrollabile (…). Serve una riforma strutturale del TPL che può essere possibile solo con fatica, serietà, competenza e coinvolgendo tutti i soggetti responsabili.