“Laura Calciolari ha fatto quello che era esigibile fare in quel momento”. Così l’avvocato Rondanina ha concluso la sua arringa difensiva nell’udienza odierna del processo per il fallimento del Creaf, che ha visto spazio per le difese dei due ex amministrarori Calciolari e Rinfreschi e dei due revisori dei conti Picchi e Bini.
Il processo vede imputati per cooperazione colposa in bancarotta semplice gli ex presidenti della Provincia Lamberto Gestri e Matteo Biffoni; gli allora amministratori Luca Rinfreschi e Laura Calciolari, due componenti del cda e due revisori dei conti.
Calciolari, che è stata nominata amministratore unico del Creaf nel 2014, pose fine al progetto presentando richiesta di concordato preventivo nell’estate del 2016. In questi due anni di tempo – ha spiegato Rondanina – si diede da fare in vari modi per cercare di tenere vivo il Creaf. Il difensore ha ricostruito anche il percorso compiuto da Calciolari, arrivata a gestire una situazione già complicata. “Quando Calciolari arriva al Creaf la società ha un solo dipendente, non ha una struttura idonea, nè professionalità al suo interno. Si rende subito conto che è un progetto difficilmente realizzabile. La proprietà incideva pesantemente sull’organo amministrativo” ha spiegato l’avvocato. Nella ricostruzione del legale Calciolari avrebbe fatto presente all’assemblea dei soci che senza il loro impegno finanziario la società non poteva andare avanti, ricevendo rassicurazioni. Calciolari, per cercare di tenere vivo il progetto provò prima di tutto a ridurre i costi, riducendosi anche lo stipendio, dandosi da fare per cercare inquilini per il capannone, riuscendo anche a trovarli. “Grazie al suo impegno – ha sottolineato il suo difensore – per la prima volta il Creaf cominciò a generare guadagni e a non vivere solo di finanziamenti”. La data decisiva è il 26 luglio 2016 quando, durante l’assemblea dei soci – ha spiegato Rondanina – Calciolari afferma che senza i finanziamenti dei fondi Fipro la società non poteva andare avanti. Biffoni – diventato nel frattempo presidente della Provincia – le avrebbe risposto che quei soldi non sarebbero arrivati. L’erogazione era infatti condizionata alla rendicontazione dello stato di avanzamento dei lavori, che non furono fatti partire e senza i quali non si poteva produrre una fattura da presentare alla Regione per attivare lo strumento finanziario.
E’ in quel momento che Calciolari capisce che il progetto non può andare avanti e 10 giorni dopo presenta domanda di concordato preventivo.
“Una condotta che andrebbe premiata” ha sottolineato il legale, per il quale se fosse stato accolto il concordato il processo non ci sarebbe mai stato. Rispondendo all’accusa, che invece imputa alla Calciolari di aver tardato nel presentare concordato, il difensore ha ribattuto che se lo avesse fatto prima si sarebbe esposta ad un rischio, avendo i soci sempre manifestato la volontà di tenere vivo il progetto. Lo stesso Castoldi, curatore fallimentare della società, nella sua relazione ha riconosciuto alla Calciolari “coraggio nel porre la parola fine al progetto”.
Tutti elementi che per il difensore dell’ex amministratore unico dimostrano la sua condotta giusta e l’incolpevolezza.
Sul concetto di colpa grave si è invece soffermato l’avvocato Rocca, difensore di Luca Rinfreschi. Nella sua arringa ha sottolineato che Rinfreschi ha ascoltato le garanzie fornite dalla politica, i pareri dei consulenti che lo spingevano ad andare avanti col progetto: “Quando i soci ti dicono di andare avanti e tu li ascolti dove sta la colpa grave?” si è chiesto il legale. Per Rocca una società con scopo pubblico non poteva comportarsi come un ente privato e l’avere tenuto in vita la società portando a termine i lavori ha permesso di garantire la conservazione del bene immobile.