Il Comune di Prato distribuirà oltre 1,8 milioni di euro nei prossimi tre anni per incarichi esterni: il programma dei conferimenti è passato ieri in consiglio comunale. Per quest’anno si tratta di 686.132 euro; cifra simile per il prossimo anno e attorno ai 490 mila euro per il 2023. Il piano spiega che nel triennio, per questa finalità, il Comune impiegherà risorse proprie per oltre 1,1 milioni, mentre i restanti 696.000 euro arriveranno da contributi esterni.
Molto variegate le tipologie di incarichi assegnati a terzi, spesso con la motivazione di mancanza di una specifica professionalità all’interno dell’ente, come ad esempio agronomi, archivisti, figure in grado di redigere il piano economico finanziario per la concessione di impianti sportivi; oppure per la necessità di figure di supporto all’organico già esistente, come architetti urbanisti.
Un piano che non convince il consigliere della Lega Marco Curcio: “Questo lungo elenco di incarichi esterni è il segno evidente che tanti che non sono dipendenti comunali sono comunque a libro paga dell’ente, che peraltro seleziona queste figure in maniera del tutto discrezionale, limitandosi a richiedere un curriculum”.
“Quello che salta più all’occhio – dichiara il consigliere leghista Marco Curcio – sono i costi di promozione turistica, social media manager, figure che si occupano di pubblicizzare le attività culturali e le iniziative del Comune: incarichi che vengono ripetuti di anno in anno, sulla base di progetti che si adattano all’occorrenza, che molto spesso hanno un ritorno molto scarso in termini di visitatori e turisti” – osserva Curcio.
“Il ricorso a figure esterne, dovuto all’assenza di professionalità interne all’ente è una pratica frequente in tutti i Comuni – aggiunge Curcio -: a Prato, ad esempio, fioccano quando 35mila euro, quando 16mila, quando 20mila, anche per studiare alberi e forestazione o per esaminare i fascicoli da buttare o conservare. A tirare le somme, quindi, una cifra non indifferente che molto spesso i cittadini ignorano, perché il Comune di certo non si mette a pubblicizzare tutte queste spese che – a conti fatti – sono una fetta importante di denaro pubblico”.