Ex Magnolfi, c’è il progetto vincitore. Loggiati, foyer e giardino pensile per aprire l’immobile al quartiere
Entro fine giugno l'approvazione del progetto preliminare: i lavori da 6 milioni di euro sono finanziati dal Cipe
E’ stato il raggruppamento temporaneo di professionisti composto dall’architetto Michelangelo Pivetta, Aei Progetti dell’ingegnere Niccolò De Robertis, Adv Impiantistica e dalla specialista in sostenibilità Cristiana Abate a vincere il concorso internazionale di progettazione ‘Rifonderia’, promosso da Epp (Edilizia Pubblica Pratese) e dal Comune di Prato. Un progetto da sei milioni di euro, dotato di uno specifico finanziamento del Cipe, che ha visto l’interessamento di 500 professionisti e la presentazione di 15 proposte di rigenerazione urbana.
Alla fine la commissione di gara, riunita all’Urban Center del museo Pecci, ha deciso che questo raggruppamento dovrà portare avanti la riqualificazione dell’immobile alla Pietà a Prato, ad angolo fra via della Fonderia e via Gobetti, che oggi ospita al piano terra il deposito dei mezzi di protezione civile e al primo piano otto alloggi in edilizia residenziale pubblica.
La prima novità progettuale proposta dai professionisti vincitori del concorso è stata quella dell’apertura al quartiere e alla città di un immobile quasi completamente murato. Su via Gobetti troviamo così la realizzazione di un loggiato che consentirà di ampliare il marciapiede, ma anche di accrescere le occasioni di incontro e di dialogo sociale. Sul lato di via della Fonderia, invece, ci sarà un’apertura pedonale che porterà fin dentro al Teatro Magnolfi, con la struttura visibile del
vecchio edificio che manterrà la memoria storica. Di fatto si verrà a creare un nuovo foyer per il Magnolfi, regolato da un sistema di cancelli chiudibili in qualsiasi momento, che consentiranno anche il collegamento con la vicina Rsa e con i giardini su via Capponi. Particolare attenzione anche per la vivibilità del quartiere: il progetto propone infatti di pavimentare tutta la porzione fra via Gobetti, via della Fonderia e piazza della Pietà, dando l’idea che ci si trovi nel centro storico della Pietà.
Le case popolari saranno undici: due a piano terra riservate ai disabili, e nove al primo piano. Al piano terreno ci saranno anche laboratori didattici e per la formazione, rispecchiando quindi la loro vecchia funzione quando c’era l’ex orfanotrofio Magnolfi. Gli appartamenti saranno bilocali, trilocali e quadrilocali. Un’altra novità progettuale è la costituzione di una corte interna con giardino pensile (che dovrà diventare spazio di dialogo e associazionismo) e una rete
metallica trasparente sulla quale i residenti potranno decidere di inserire del verde ornamentale.
“In un solo colpo abbiamo ottenuto sia il progetto di riqualificazione dell’immobile che un masterplan totale del quartiere, dando una soluzione di prospettiva a tutti gli spazi intorno a via Gobetti e via della Fonderia – commenta la presidente dell’Epp, Marzia De Marzi -. Il progetto soddisfa le indicazioni del Cipe sia dal punto di vista edilizio che sociale, è improntato sull’apertura degli spazi e sulla permeabilità fra le aree. Tiene conto dei momenti di relazione, prevede passaggi pedonali protetti, supporta i rapporti che si possono instaurare con le funzioni già presenti nel quartiere”.
Il progetto si propone di ottenere la classificazione di sostenibilità ambientale Leed, cioè di garanzia della sostenibilità dell’edificio in tutte le fasi: pianificazione, costruzione, ipotetica demolizione ed eventuale successivo riuso dei materiali. Entro pochi giorni i vincitori del concorso dovranno presentare il progetto preliminare, che per fine mese verrà approvato dalla giunta Biffoni. “Manteniamo la storia di questo edificio, ma la rivisitiamo in chiave contemporanea – commenta
l’architetto Pivetta -. Apriamo l’immobile all’esterno, alle relazioni con gli altri edifici in zona e creiamo un gioco di visuali fra l’interno e l’esterno che potrà aumentare le dinamiche di dialogo nel quartiere. Un progetto che tiene insieme tutte le sensibilità dell’abitare collettivo, che abbiamo già sperimentato in altre parti d’Italia e che sarà interessante introdurre anche a Prato”.