Erano intestate a cittadini cinesi di Prato e Milano le società “cartiere” – prive di personale e di strutture aziendali, con vita breve, amministratori irreperibili e significativi debiti con il Fisco – di cui si avvalevano sette società di Padova, anch’esse gestite da imprenditori cinesi e operanti nel commercio di abbigliamento, a cui sono stati sequestrati beni per 8,5 milioni di euro. L’indagine della Guardia di Finanza di Venezia e Padova contesta una frode nel settore dell’Iva, perpetrato dalle 7 imprese, attive presso il Centro Ingrosso Cina di Padova, vero e proprio hub distributivo di merce di origine asiatica. Secondo l’inchiesta, le aziende coinvolte – che devono rispondere di dichiarazione fraudolenta – negli anni tra il 2016 e il 2020 avrebbero contabilizzato fatture per operazioni inesistenti per un imponibile di 39 milioni di euro, una somma a cui corrisponde l’Iva per 8,5 milioni sequestrata a titolo di profitto nel reato.
A collaborare al meccanismo evasivo c’erano anche cittadini cinesi di Prato e Milano a cui erano intestate ditte ritenute “cartiere”, con connivenze societarie in Grecia, Slovenia ed Ungheria. Le indagini della Finanza sono state dirette dal Procuratore europeo delegato di Venezia, che fa parte della Procura europea, un organismo indipendente dell’Unione europea, operativo da un anno, incaricato di indagare, perseguire e portare in giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE, fra cui frodi, corruzione, riciclaggio e frodi IVA transfrontaliere.
Nel firmare la misura cautelare del sequestro dei beni, il giudice per le indagini preliminari ha osservato che l’ingente flusso di denaro verso l’estero, prescindendo da una causale economica connessa all’esercizio d’impresa, lascia intendere come le imprese oggetto d’indagine siano strutture funzionali alla creazione di liquidità, provento delle frodi fiscali, da inviare in Cina.