23 Gennaio 2022

Apertura anno giudiziario, allarme mafie a Prato. Il procuratore Viola: “Ci sono organizzazioni straniere con metodi simili allo stampo mafioso”

Nella relazione della procura generale la città di Prato viene citata anche per il caso di Luana D'Orazio diventando emblema delle morti sul lavoro


“In Toscana si conferma l’esistenza di un quadro variegato di attività criminali organizzate che impatta su diversi settori dell’economia e dell’imprenditoria. Oltre alle mafie italiane, agiscono anche le organizzazioni straniere che operano con metodi assimilabili a quelli di stampo mafioso. Tra tutte la criminalità cinese si conferma, principalmente a Prato, il macro-fenomeno più pervasivo, il cui contrasto si presenta particolarmente difficile”. Il procuratore generale della repubblica presso la corte di appello di Firenze, Marcello Viola lancia l’allarme mafie in Toscana e in particolare a Prato. Lo fa nella relazione che ieri ha aperto l’anno giudiziario in Toscana.

Nella nostra provincia sono tre le associazioni criminali che destano preoccupazione: la camorra, soprattutto nei settori dei rifiuti e dell’edilizia, la criminalità cinese che come si legge nella relazione ha condotte riconducibili all’articolo 416-bis del codice penale, cioè associazioni di tipo mafioso, e la criminalità nigeriana che ha totalmente monopolizzato lo spaccio di sostanze stupefacenti.

La relazione della procura generale dedicata un capitolo specifico al ‘Sistema Prato’, nel quale elenca gli illeciti che caratterizzano il distretto parallelo cinese, ma lancia anche un ulteriore allarme: “A Prato ci sono organizzazioni criminali sia italiane sia straniere – si legge nel documento -, che riescono a conciliare le rispettive attività, di norma occupando differenti settori di interesse e, laddove utile e necessario, a volte cooperando al fine dell’ottenimento di obiettivi comuni, ponendo in essere pragmatiche ed efficaci sinergie operative”.

Nella relazione, infine, Prato diventa l’emblema delle morti sul lavoro. Il procuratore infatti cita il caso della morte di Luana D’Orazio per sottolineare “l’incremento di reati in materia di tutela penale del lavoro”, e per ricordare che le morti bianche sono avvenute “all’interno di un contesto ove le condizioni di rischio in cui lavorano gli operai sono tratti ricorrenti di un fenomeno sociale la cui risoluzione non può essere lasciata al solo intervento repressivo” conclude Viola.